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«Sono piombato nel più profondo dolore per l’uomo che più amavo e stimavo». Napoleone Bonaparte
Nel cuore della pianura di Marengo, all’alba di sabato 14 giugno 1800, iniziò la grande battaglia della seconda campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte, volta a liberare l’Italia dagli austriaci

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La battaglia di Austerlitz, 2 dicembre 1805, denominata la battaglia dei tre Imperatori, fu combattuta da Napoleone contro il fronte antifrancese della Terza Coalizione esattamente un anno dopo l’incoronazione, avvenuta a Parigi, il 2 dicembre 1804. Riconosciuta come una dei più grandi successi della carriera militare di Napoleone ebbe inoltre un importante ruolo politico poiché fu soprattutto vittoria dei principi della Rivoluzione.
I preparativi della battaglia iniziarono il 1 dicembre in una giornata caratterizzata da pioggia e gelo, sotto un cielo plumbeo. Secondo le fonti sessantamila soldati francesi combatterono contro novantamila soldati della coalizione avversaria in territorio nemico. Napoleone era consapevole che aveva nelle mani la vita dei propri soldati, che non erano semplici numeri da gettare in battaglia ma compagni di avventura, militari come lui. Proprio per questa sua sensibilità verso i commilitoni viveva con loro sui campi di battaglia rinunciando alla vita comoda dei palazzi parigini.
Anche quella domenica sera, Bonaparte fu vicino a loro fra il fango, con la redingote consunta, al rullo dei tamburi, il cui suono evocava e incalzava l’inizio di ogni battaglia. Bonaparte pronunciò come consuetudine ai suoi soldati un suo proclama in modo che ogni soldato potesse conoscere nel dettaglio, in modo chiaro e preciso, gli obiettivi del piano di battaglia, «Soldati, l’armata russa si presenta davanti a voi per vendicare l’armata austriaca di Ulm […] Soldati dirigerò io stesso i vostri battaglioni, mi terrò lontano dal fuoco con la vostra solita bravura, voi porterete il disordine e la confusione nei ranghi nemici. Ma se la Vittoria fosse per un momento incerta voi vedreste il vostro imperatore esporsi a primi colpi».
Verso sera Napoleone passò in rassegna a cavallo le truppe che formavano una catena di circa dodici chilometri per essere certo che la Grande Armée fosse pronta. Sebbene il suo esercito contasse un numero minore di membri rispetto all’esercito nemico i messaggi del suo proclama erano stati chiari, precisi e proficui ed avevo colto l’obiettivo di motivare le truppe nell’affrontare con coraggio il teatro di guerra. Fu un momento suggestivo che precedette la battaglia ed i soldati, sorpresi dalla presenza del loro generale, esclamarono “Viva l’Imperatore” e contemporaneamente Napoleone, alla luce di migliaia di fiaccole di paglia e dei fuochi dell’accampamento, contemplò a lungo quella scena e rispose commosso «È la più bella sera della mia vita» e non mancò di precisare «ma soffro al pensiero che perderò un buon numero di questa brava gente. Io sento che sono davvero i miei figli, e in verità talvolta mi rimprovero questo sentimento perché temo mi renda inagibile alla guerra».
I soldati ricordarono l’anniversario dell’incoronazione del loro imperatore ed, utilizzando la paglia dove dormivano, accesero grandi fuochi in un clima di festa corale. Quella sera dormirono sopra la dura terra, per loro valeva la pena rinunciare a quella piccola comodità pur di sentirsi uniti e vicini, in quel rapporto di totale fiducia, a quel generale che sapeva così bene conquistare i loro cuori, con l’umiltà di soldato, nonostante il rango di imperatore.
Dall’altopiano di Pratzen i due Imperatori della coalizione avversaria osservarono Napoleone. Il luogotenente di artiglieria che si era proclamato Imperatore, anche se sancito da plebiscito nazionale, non era certo ben visto dai due imperatori avversari, l’ Arcangelo russo, lo zar ventottenne Alessandro I, così chiamato per la giovane età e per il colore biondo dei suoi capelli che contribuivano all’aspetto di eterea bellezza, ne tanto meno dall’altro imperatore nemico il trentasettenne Francesco I d’Austria.
Per loro, veri re, Napoleone appariva il rivoluzionario che desiderava far passare il messaggio di uguaglianza, libertà e legalità, contro i previlegi dinastici delle monarchie europee e per questo definito il “missionario in Stivali” per la propagazione di questi valori.
I loro eserciti erano aristocratici, formati da generali anziani quali il valoroso generale russo Kutuzov, combattenti di lungo corso, mentre la Grande Armée, gioiello militare ideato da Napoleone, poteva contare su giovani generali come Davoust, Murat, Lannes, con a capo il trentacinquenne generale Bonaparte.
La nebbia del giorno precedente la battaglia fu provvidenziale, permise a Napoleone di posizionare le truppe su alture poco visibili, ingannando il nemico. All’alba del 2 dicembre iniziò la battaglia e quando la nebbia si diradò, apparì uno squarcio di sole, che passò alla storia come il mitico sole di Austerlitz. Le truppe di Napoleone comparvero come dal nulla, spiazzando l’esercito nemico, grazie alla grande e geniale capacita tattica e militare di Napoleone. Le truppe francesi anche se numericamente inferiori, già dalle prime ore della battaglia, trasmisero la sensazione di essere presenti ovunque, grazie soprattutto al ruolo strategico della fanteria e della cavalleria che si spostavano sul teatro di guerra con una rapidità magistrale. Già nel primo pomeriggio la battaglia si risolse con la vittoria dell’esercito francese e la triste ritirata dell’esercito russo ed austriaco che attraversando un lago ghiacciato fu decimato a causa dell’annegamento di molti soldati.
Il 3 dicembre, dopo la vittoria, Napoleone indossò una camicia pulita e scrisse a Josephine informandola della vittoria e che, dopo aver bivaccato otto giorni all’aperto in un clima freddo, finalmente quella sera avrebbe dormito in un comodo letto presso il castello del principe Kaunitezl.
Abbiamo notizia dalle memorie del valletto di Napoleone, Constant Vairy, che Napoleone al campo di Austerlitz non aveva neppure una tenda, dormiva all’interno di una baracca che i soldati avevano costruito con rami di albero e per letto aveva un groviglio di paglia. Josephine alle 9 di sera nel castello di Sant-Cloud, ricevette la lettera ed appena letta, dall’immensa gioia, si sfilò dalle mani uno stupendo diamante donandolo all’emissario inviato da Napoleone che, purtroppo, nell’immediato, non poté apprezzare questo prezioso regalo poiché era caduto a terra svenuto a causa dell’ enorme stanchezza dopo avere percorso al galoppo più di cinquanta leghe per consegnare a Josephine la bella ed importante notizia. Andò ancora peggio al povero cavallo che non sopravvisse a tante ore di galoppo.
Il giorno della sua più celebre vittoria, Austerlitz, Napoleone intravide l’ambito traguardo di un Europa unita, ma fu un traguardo ancora troppo lontano. Il sogno di Napoleone, le idee illuministiche della Francia rivoluzionaria di cui egli era il paladino, si scontravano con la vecchia monarchia europea.
Napoleone capì troppo tardi, ormai in esilio, che i monarchi non intendevano rinunciare ai previlegi acquisitisi dinasticamente, si sottomettevano da vinti ma non convinti, e soprattutto capì che lui grande generale con la sola spada non avrebbe potuto sconfiggerli.
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"A nome dei residenti di via Vecchia San Donato, desideriamo esprimere un sentito ringraziamento alla giunta comunale e, in particolare, al consigliere Diego Carnini, che si è personalmente impegnato per risolvere una problematica che da tempo gravava sulla nostra comunità.


