Cultura
Lancio di una nuova mostra alla Fondazione Ragghianti:_Emilio Malerba (1878-1926). Dagli esordi al Novecento Italiano
A cent’anni dalla morte del pittore e a quasi un secolo dall’ultima mostra monografica a lui dedicata, la Fondazione Ragghianti presenta milio Malerba (1878-1926) - Dagli esordi al Novecento Italiano

Il babbo di Pinocchio svelato ai più
Assolutamente tempestiva la pubblicazione dell’ultimo lavoro di un valente storico lucchese, Roberto Pizzi, che con Carlo Lorenzini. Il “padre” di Pinocchio

'Verso Turandot', il primo appuntamento con Emiliano Sarti al teatro San Girolamo
Prende il via giovedì 18 dicembre (ore 18, Teatro San Girolamo), con la conferenza di Emiliano Sarti dal titolo “Un viaggio nella fiaba di Turandot prima di Puccini”,…

Restaurate 19 foto inedite di Giacomo Puccini provenienti dell'archivio di Luigi De Servi
Sarà presentato venerdì 12 dicembre alle ore 17.00 nell'Auditorium della Fondazione Banca del Monte di Lucca, in piazza San Martino a Lucca, il restauro dei preziosi materiali fotografici inediti riguardanti Giacomo Puccini provenienti…

Teatro Comunale di Pietrasanta, al via la stagione di prosa 2025/2026: debutto sold-out con “Il medico dei pazzi”
Pietrasanta si prepara ad accendere i riflettori sulla Stagione teatrale 2025/2026 del Teatro Comunale “Cesare Galeotti”, cartellone confezionato, promosso e realizzato dalla Fondazione Versiliana con la direzione artistica di Marco Marchesi insieme a Fondazione Toscana Spettacolo…

In aprile a Lucca il violoncello Stradivari appartenuto a Luigi Boccherini
Il plauso di Marsili (Fondazione CaRiLucca) e Pardini (Comune di Lucca) per un evento davvero significativo per la città

Geppy Gleijeses protagonista de 'Il fu Mattia Pascal' da Luigi Pirandello per la regia di Marco Tullio Giordana
Dal romanzo di Luigi Pirandello, Geppy Gleijeses porta in scena Il fu Mattia Pascal (sabato 13 ore 21 e domenica 14 dicembre ore 16 e ore 21) nel libero adattamento firmato con il regista Marco Tullio Giordana

La Società dei Lettori - Francesca Duranti porta a Lucca "Il paese dei matti" di Federica Iacobelli
La Società dei Lettori - Francesca Duranti porta a Lucca "Il paese dei matti" di Federica Iacobelli, selezionato per l'assegnazione del Premio dei Lettori Lucca-Roma 2026. Appuntamento martedì 9 dicembre a Villa Rossi (Gattaiola, Lucca)

Il Museo del Risorgimento di Lucca e il Castello Teleki di Koltó: un legame tra storia, esperienze e territori
Sabato 29 novembre, nel Castello di Koltó (Coltau, Romania), in Transilvania, si è tenuta una conferenza su István Türr, Sándor Teleki e l'Italia. Quest'anno ricorre infatti il bicentenario…

La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo di Gioachino Rossini inaugura la stagione operistica 2025-2026 del Teatro del Giglio
La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo di Gioachino Rossini inaugura la stagione lirica 2025-2026 del Teatro del Giglio Giacomo Puccini con una produzione - realizzata in coproduzione con il Teatro Comunale di Ferrara - che debutterà sul palcoscenico lucchese venerdì 5 dicembre alle ore 20.00, con replica domenica 7 dicembre alle ore 16

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La Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti annuncia la prima grande mostra monografica dedicata, in epoca moderna, a Emilio Malerba (Milano, 1878-1926), figura decisiva ma ancora non abbastanza conosciuta del panorama artistico italiano della prima metà del XX secolo.
In programma a Lucca, dal 28 febbraio al 7 giugno 2026, nelle sale espositive della Fondazione Ragghianti, l’esposizione, dal titolo “Emilio Malerba (1878-1926). Dagli esordi al Novecento Italiano”, curata da Paolo Bolpagni ed Elena Pontiggia e realizzata in collaborazione con l’Archivio Malerba di Monza, con il determinante supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, proporrà – attraverso un ampio corpus di opere, manifesti originali e documenti – una riflessione organica sulla vicenda dell’artista nel centenario della morte, e a quasi un secolo dall’ultima retrospettiva a lui dedicata, risalente al 1931.
La mostra seguirà il percorso artistico di Malerba dagli anni giovanili e dai suggestivi manifesti belle époque fino alla produzione post-scapigliata, novecentista e purista, presentando un ampio numero di inediti, emersi grazie a recenti ricerche, che saranno esposti per la prima volta alla Fondazione Ragghianti.
A completare il percorso, le opere realizzate dagli altri artisti del nucleo iniziale del “Novecento”, ossia Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Piero Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi, oltre a un ritratto di Malerba eseguito da Primo Sinopico nel 1917, così da approfondire sfumature e visioni di un gruppo che non si omologò mai totalmente dal punto di vista stilistico.
Dopo gli esordi legati alla tarda Scapigliatura e l’affermazione nel campo della grafica pubblicitaria, Malerba nel 1916 definì una pittura più solida e personale, approdando dal 1920 a quella forma precisa e sospesa che la critica avrebbe riconosciuto come Realismo magico. Nel 1922 fu tra i fondatori del gruppo del “Novecento”, ma la sua intensa ricerca espressiva fu bruscamente interrotta da una malattia incurabile che lo colpì tre anni dopo.
Nonostante la brevità della carriera, Malerba riuscì a delineare una poetica di grande raffinatezza, incentrata sull’indagine del “vero”, inteso non come semplice realismo, bensì rivelazione della dimensione interiore di figure e oggetti. Le sue protagoniste e il suo universo di piccole cose restituiscono un mondo intimo, domestico, raccolto, in cui dietro la quotidianità affiora una sensibilità introversa e delicata.
Dopo essersi formato all’Accademia di Brera, Emilio Malerba esordì nel 1906, con opere che si avvicinano alla tarda Scapigliatura, tra paesaggi e ritratti di soggetti evanescenti, mentre in seguito riuscì a distinguersi soprattutto per la realizzazione di cartelloni pubblicitari che rimandano al mondo della belle époque. Tra quelli esposti alla Fondazione Ragghianti troviamo i manifesti ideati per l’Amaro Ramazzotti di Milano e per i Grandi Magazzini Italiani E. & A. Mele & C. di Napoli, dove emerge l’interesse dell’autore per la figura femminile e la sua rappresentazione, in seguito volta all’espressione della vita interiore dei soggetti, piuttosto che alla loro resa fisiognomica.
Dal 1916 l’artista definì in maniera più strutturata la sua pittura, tanto che nel 1922 espose alla XIII Biennale di Venezia una serie di dipinti, tra cui il celebre “Le maschere” (1922), presente nella mostra lucchese, che mette in luce la sintonia di Malerba con la nuova corrente del Realismo magico, dove la resa minuziosa del mondo ne rivela paradossalmente l’essenza misteriosa e inafferrabile. Sensibilità che emerge anche in opere come “Ritratto di giovinetta” (1919) o “Femmina volgo” (1920), in cui i soggetti si fanno più nitidi eppure sfuggenti, immersi in contesti quotidiani ma segretamente incantati. Ora, come in seguito, l’immaginario di Malerba è quello dell’intimità domestica, delle confidenze familiari, di vite che non oltrepassano il perimetro di una stanza, di donne, bambine e adolescenti immerse nel loro piccolo universo, che lascia trasparire, dietro il velo dell’esistenza di tutti i giorni, la delicatezza di sentimenti e l’introversa sensibilità che anima le sue protagoniste.
Nello stesso 1922 Malerba, insieme con altri sei colleghi, tra cui Mario Sironi e Achille Funi, fu tra i fondatori del “Novecento”, una compagine nata con il supporto critico di Margherita Sarfatti e legata alla necessità di un “ritorno all’ordine” nell’arte dopo le sperimentazioni avanguardiste degli anni Dieci, recuperando come riferimento l’antichità classica e l’armonia nella composizione. Opere quali “Nudo con capriolo” (1923-1924), “Bambine al pianoforte” (1924) e “Le amiche” (1924) mostrano un’ancora più marcata resa volumetrica dei corpi, con forme e colori decisi, che Malerba costruisce con toni solenni e monumentali.
Nel 1926, dopo mesi di malattia, l’artista morì prematuramente: epilogo di una carriera breve ma significativa, in cui il pittore riuscì a dar prova della sua statura d’artista attraverso un’indagine sul vero che non coincise con il realismo, ma con la ricerca dell’essenza segreta della vita e di coloro che la attraversano.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato dalle Edizione Fondazione Ragghianti Studi sull’arte, con saggi storico-critici dei curatori e di Daniela Ferrari, con le riproduzioni e le schede scientifiche delle opere esposte, e con ricchi apparati bio-bibliografici.
Come dichiara la co-curatrice Elena Pontiggia, «l’antologica “Emilio Malerba (1878-1926). Dagli esordi al Novecento Italiano” si varrà di molti importanti inediti, ritrovati nel corso delle ricerche per la monografia sull’artista» da lei pubblicata nel 2024. La mostra, sottolinea Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti e co-curatore, «sarà un evento di eccezionale rilievo, proseguendo nel solco della riscoperta di artisti italiani della prima metà del XX secolo già praticata dalla Fondazione Ragghianti, nel 2022, con la fortunata mostra su Leonardo Dudreville, che, insieme con Malerba, fu uno dei fondatori del gruppo del “Novecento”».
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Assolutamente tempestiva la pubblicazione dell’ultimo lavoro di un valente storico lucchese, Roberto Pizzi, che con Carlo Lorenzini. Il “padre” di Pinocchio. A 200 anni dalla sua nascita; MPF, Lucca 2025, esce in perfetta sincronia e addirittura anticipa l’ormai imminente anno bicentenario della nascita del grande scrittore toscano, autore di uno dei libri più letti e conosciuti al mondo. Di sicuro, le pagine di Pizzi contribuiranno al dibattito che, a partire dai prossimi mesi, non mancherà di svilupparsi intorno alla figura e all’opera, ancora in gran parte trascurate, di Carlo Lorenzini/Collodi (Firenze, 1826 – 1890) finora celebrato come autore di un unico e solo libro, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1880/1883)). Tra i meriti dell’agile volumetto del Pizzi, che si muove sulla scia di altri, più ampi studi (Fernando Tempesti, Daniela Marcheschi), quello di aver liberato il Lorenzini/Collodi dall’aura di ingenuo affabulatore per l’infanzia e, invece, averne recuperato lo spessore di robusto protagonista, di convinzioni mazziniane, della vicenda risorgimentale e di letterato capace di molti registri: dal giornalismo militante alla scrittura teatrale sempre nel segno di una laica etica dei doveri civili e di una simpatia, magari un po’ burbera ma piena d’amore, per i giovani e i giovanissimi, i più piccoli e i più indifesi abitanti di un Paese appena costituito, povero e arretrato. “Il mazziniano convinto, il giornalista incorruttibile, il volontario di due guerre“ (Bargellini), in una prosa limpidissima, scrive il racconto di un’emancipazione tanto favolosa quanto dura, difficile, dolorosa e lo fa senza retorica né paternalismi. Una storia in cui sono continuamente rivendicati i diritti della libertà e della fantasia e non mancano motivi satirico-polemici nei confronti delle istituzioni di allora, dalla magistratura ai carabinieri… Da tempo, la critica più avvertita – e Pizzi ne rende puntualmente conto nelle sue pagine – giudica ormai Le avventure di Pinocchio un capolavoro assoluto della letteratura italiana dell’Ottocento e sottolinea come sia un’opera che va ben al di là dei confini della semplice letteratura per l’infanzia. Romanzo di formazione capace di realizzare una straordinaria alchimia tra elementi fantastici dell’ispirazione e quelli realistico-popolari del mondo contadino toscano del XIX secolo, il lavoro collodiano ha conosciuto nel corso di quasi un secolo e mezzo le più diverse interpretazioni, da quelle in chiave religiosa a letture di tipo psicanalitico: c’è un Pinocchio alter Christus e un “compagno Pinocchio”, ci sono, più o meno riusciti, i numerosissimi Pinocchio teatrali, cinematografici e televisivi da Walt Disney, a Luigi Comencini, a Matteo Garrone…
L’ultimo capitolo del prezioso lavoro di Roberto Pizzi è dedicato alla vexata quaestio se il Lorenzini, nel corso della sua esistenza, abbia o meno aderito alla massoneria: un’esperienza comune a molti intellettuali e professionisti in quello scorcio di Ottocento e a non pochi sodali dello scrittore toscano, ma non documentata con certezza per l’inventore di Pinocchio. Anche se alcuni indizi, taluni assai probanti, sembrerebbero dirigersi in tale direzione e certe interpretazioni storico-critiche in tal senso potrebbero risultare più convincenti di altre, non si può dare per sicura l’appartenenza del Lorenzini alla Libera Muratoria. Cosa che nulla toglie al piacere di tornare a leggere Pinocchio e magari ad ampliare le proprie conoscenze intorno al suo creatore, mettendo, sempre con felice sorpresa, gli occhi anche sulle sue opere meno note da i Racconti delle fate, 1875, a Minuzzolo, 1878, a Il viaggio per l’Italia di Giannettino.
Roberto Pizzi, Carlo Lorenzini. Il ‘padre’ di Pinocchio. A 200 anni dalla sua nascita, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 2025, pp. 72, Euro 13,00


