Politica
Riccardo Zucconi saluta il prefetto Scaduto
"Con la conclusione del suo incarico a Lucca, desidero rivolgere un ringraziamento al Prefetto Giusi Scaduto per il lavoro svolto in questi due anni al servizio delle…

"Lucca Comics & Games, un successo, ma è mancata la politica"
A chiusura di sipario sulla edizione Lucca Comics & Games 2025, che ha confermato nelle presenze il gradimento dell'evento, durante l'ultimo Consiglio comunale del 4 novembre ho inteso ringraziare tutta la…

Consiglio di mozioni con un Daniele Bianucci scatenato contro la maggioranza
Consiglio di mozioni con un Daniele Bianucci scatenato contro la maggioranza visto che le sue mozioni vengono discusse a distanza di due anni

Foro Boario, Enzo Alfarano denuncia gli interventi di riparazione della giunta Pardini
Dopo le modifiche sostanziali intervenuti sull’arcinoto incrocio Foro Boario – Salicchi, dopo un mese circa dal mio accesso agli atti che chiedeva se vi erano state modifiche del…

Concessioni balneari e direttiva Bolkestein, onorevole Zucconi (FdI): “Serve chiarezza e tutela delle aziende”
“Quella della Direttiva Bolkestein sulle concessioni balneari è una questione annosa: adesso, in barba ai conclamati principi sulla concorrenza, le nuove acquisizioni sono fatte da grandi gruppi economici.

Baldini (Noi Moderati): "Proteggere la vita è un dovere costituzionale"
Maria Teresa Baldini (Noi Moderati) interviene a sostegno di Domenico Caruso: La lista civica Capannori 2034 attacca il consigliere comunale di Capannori capogruppo di Noi Moderati Domenico Caruso…

Rotatoria di via Salicchi, i capigruppo: "Opera utile e attesa, minoranza rifletta bene prima di giudicare"
Di Vito, Cecchini, Fagnani, Del Barga, Fava e Pierini: "Serve tempo per valutare gli effetti delle modifiche viarie. Attacchi strumentali contro un lavoro necessario per sicurezza e viabilità. Hanno scordato come andò con la rotatoria di Porta Elisa?"

Se bastasse una canzone...
Eros(e) – alla romana – Ramazzotti scrisse nel 1990 “Se bastasse una canzone” poi inserita nell’album “In ogni senso”. In essa, in sintesi, sottolineava che se fosse sufficiente una canzone a cambiare il mondo, tutto sarebbe facile e scivolerebbe liscio come l’olio… invece…

Elezioni, cosa non si fa per te...
Quella che illustriamo in questo articolo potrebbe costituire materia per una rappresentazione teatrale: il copione di una commedia che, essendo ambientata in Campania, potrebbe tranquillamente ispirarsi ai capolavori…

Separiamo 'ste carriere...
La recente bagarre parlamentare che ha portato all’approvazione della “Madre di tutte le riforme”, quella della Giustizia, impone qualche sommessa riflessione. Fesserie e teorie ne girano tante, per…

- Scritto da Redazione
- Politica
- Visite: 1134
Ero giovane capitano quando ebbi l’onore, per due anni, di scortare il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. In un’occasione lo seguimmo ai Leoni d’Oro di Venezia, ove assistette alla proiezione – fuori concorso – di “Orfeo”. Il regista era lo svizzero Claude Goretta, la cui famiglia italica aveva creduto bene di svizzerizzare il cognome Goretti cambiandone la vocale finale.
A fianco a “Kossiga” era il grande critico cinematografico istituzionale, Gian Luigi Rondi, da Tirano (SO).
Compresi perché l’opera fosse fuori concorso. S’ispirava al mito greco di Orfeo e Euridice. Lui, poeta e cantore antesignano di Omero, discese agli inferi per recuperare l’amata Euridice morta prematuramente. La storia ha più finali e uno prevede che Orfeo abbia cambiato gusti sessuali per non tradire la memoria dell’amata, e sia stato ucciso dalle donne degli uomini che riuscì a convincere delle nuove prospettive di vita, rimaste evidentemente prive di qualcosa. Credo fossero antesignane dei fasci di combattimento, ovviamente.
Il film doveva esser costato due soldi. Una parte si svolgeva in barca a remi sul mare, quest’ultimo rappresentato da fogli e fogli spiegazzati di cellophane azzurro. L’altra frazione si sviluppava nell’Ade, il triste aldilà dei greci, rappresentato a sua volta da fogli e fogli spiegazzati di cellophane nero. All’intervallo eravamo rimasti Cossiga, noi della scorta, e altri due o tre. Pure G.L. Rondi s’era eclissato. Poi disse che l’aveva disturbato il gracchiare dei nostri walkie-talkie – a uno di noi s’era staccato il jack dell’auricolare e deliziò la platea con una improvvida chiamata di controllo – inconveniente che il buon Cossiga liquidò paternamente con un sorriso e quattro parole “Ssonno i mmiei Raggazzzi”, ma evidentemente non fu apprezzato dal Rondi.
Oggi del film si parla pure su Wikypedia, e magari qualcuno potrebbe credere sia un capolavoro, ma v’assicuro che – al confronto – “La corazzata Potëmkin” diretta nel 1925 dal “Maestro” Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, come ricordava il mitico ragionier Fantozzi, era uno spasso.
A questo ho pensato nell’assistere, alcuni giorni fa, ai cineasti italici pro-Pal assiepatisi in quel di Venezia. Finito Bezos e il suo fantastiliardario matrimonio, sono in cerca, evidentemente, di altro per rompere i corbelli al prossimo. Questa volta invitando a boicottare attori e artisti ebrei, che a Gaza non hanno manco fatto un selfie.
Immaginiamo cosa significhi per questi “artisti” convenuti in laguna, dover trascorrere ore in sale tendenti a svuotarsi, per assistere a mediocri film o – peggio ancora – aver lavorato a uno di questi mediocri film e vedere che in sala si resta malinconicamente da soli.
E per questo spettacolo un po’ così – invito a leggere i vincitori degli ultimi 10 anni, beh, non è che abbiano lasciato tracce indelebili – perdersi la regata con Greta verso l’arresto certo, sul mare di Gaza, quello fatto d’acqua salata, non di cellophane azzurro. C’è di tutto e di più per far casino con striscioni e slogan e ritardare a prendere posto nelle poltroncine. Dove non puoi abbuffarti di pop-corn e coke – junk-food da proletari – e Venezia non è per i peones.
Per non parlare dei rubinetti che progressivamente si van chiudendo, anemizzando i flussi senza fine di fondi, targati “MinCulPD”, per settore artistico fallimentare. Inutile girarci attorno, se gran parte delle pellicole non riportano a casa i soldi spesi per produrle, vuol dire che son dei flop che non dovevano essere prodotte. A proposito: smettiamola con l’arte da difendere! Se non si regalano colori e tele a pittori incapaci, e blocchi di marmo di Carrara a scalpellini inutili, non capisco perché si debba dar da vivere a chi ritiene di essere un artista del cinema, ma non riesce a convincere un dotto e inclito pubblico di tali sue qualità.
E allora si spiega tanto rosicamento, tale da trasformare una kermesse del bel mondo – del quale non m’interessa minimamente – in manifestazione di protesta. Insomma, il rilassato e radical-chic operaio medio del cinema, ne ha ben donde per irritarsi: se non trova un seggio, anche in un Consiglio Comunale, gli tocca mettersi a lavorare, non essendo sopravvissuto il RdC, la chimera evocata da Giuseppì. E il seggio si trova mettendosi in evidenza.
Sempre a proposito, però, mi pare che siano un po’ indietro, i cineasti, come gran parte delle loro pellicole.
Non sanno che manifestare pro-Pal non basta, occorre anche celebrare i terroristi delle Brigate Rosse, come la Professoressa Donatella Di Cesare.
- Scritto da Redazione
- Politica
- Visite: 1746
Ricordo che un tempo le Stazioni dell’Arma erano aperte tutto il giorno, a meno che un sisma non le avesse spianate. Si diceva che, alla peggio, il comandante utilizzasse la moglie in casi d’emergenza, e si recasse fuori per servizio. Quando son entrato nell’Arma, nel 1978, era così, come quando ero comandante di compagnia a Cagliari fra 1987 e 1991. Era stato introdotto da pochi anni il compenso per il lavoro straordinario, ma il Comando Generale – con coraggio o faccia di bronzo – aveva risolto il problema. Il servizio alla caserma, il noto “piantone” non prevedeva corresponsione di straordinario, e per ogni 10 ore di lavoro “in più” in veste di “piantone” si percepiva un’indennità pari a 1 ora di straordinario. La chiamai “INDEGNITA’” interloquendo con superiore che mi tacciò di “sindacalista”. Resto di quell’idea, perché ci voleva coraggio (o bronze face) a far lavorare 10 ore in caserma, e retribuirne 1 sola. L’INDEGNITA’ durò un po’, fino a quando non ne fu chiara l’insostenibilità.
Poi ho visto di tutto. Grosse Stazioni CC aperte 24 ore, altre più piccole da 12 a 2 ore, in base alla disponibilità di personale e di ore di straordinario, vincolate a monte-ore insuperabile, peggio dell’Everest senza ossigeno. Qualche Stazione CC fu definitivamente chiusa, per rinforzarne altre. La popolazione non la prese bene. La scelta, elastica come la pelle di nota parte del corpo umano maschile, era basata sull’impegno operativo e su valutazioni dei comandanti: vi era chi preferiva poche ore di apertura e più pattuglie, e altri desiderosi dell’opposto. Due di loro – sulla mia scala gerarchica – ispezionarono una mia Stazione CC nella stessa giornata. Quello che giunse al mattino ritenne inutile l’apertura pomeridiana, ci strigliò e obbedimmo, trasformando quel servizio di “piantone” pomeridiano in pattuglia esterna. Quello che si presentò nel pomeriggio era d’opposto avviso, s’imbestialì per la chiusura pomeridiana disposta da colui che era anche suo superiore, CI strigliò e obbedimmo. Capii che l’unico caposaldo da difendere fino all’ultimo uomo e all’ultima cartuccia, era che si potesse far uso della spazzola per manto equino sulla cute del dipendente e si dovesse garibaldinianamente obbedire.
Naturalmente chi decideva aveva sempre dei validi motivi, ma il pubblico, comunque, s’indispettiva a trovare chiuso. C’era chi avrebbe avuto tutta la giornata per presentare una denuncia idiota, ma preferiva andare con calma la sera, durante la passeggiata, per non togliere tempo al lavoro o al bagno al mare, e chi viveva una reale emergenza, e nutriva un’aspettativa di aiuto pubblico insopprimibile.
S’è tentato d’ovviare anche con la denuncia web, da firmare su appuntamento. Trovata geniale, che cozzerà sempre coi desiderata di chi ritiene di andare quando gli è più comodo. Dovendo già soggiacere all’appuntamento vincolante con uffici postali, medici di famiglia, banche, parrucchiere, estetista etc.. Comprensibile (?) che – almeno quando va dall’Arma – si debba sentire padrone del proprio tempo.
Oggi un video virale, girato a scopo denigratorio, prende spunto dal dialogo fra provocatorio utente degno de “Le Iene” e inesperta carabiniera che sa rispondere come l’impiegata di qualsiasi ufficio pubblico: “siamo chiusi!”. Che devo dire?
Ho vissuto il disagio del cittadino che si lamentava, ma anche quello del carabiniere che, con soli 3 colleghi, teneva aperta una stazione tutto il giorno, percependo l’INDEGNITA’. Dovevo chiedergli abnegazione, e la garantiva. Ma in un mondo che vede l’abnegazione sparire dal radar dei valori, meglio d’un aereo STEALTH, ci sta che un ragazzo dica “se vuoi un’ora in più, pagala!” Anche perché il sistema dell’orario per gli appuntamenti rigidi è consolidato e sovente tocca vedersela con risponditori automatici coi quali l’unica soluzione è lasciar perdere e tenersi il problema.
Guardandosi intorno, e apprendendo di retribuzioni e gettoni e rimborsi-spese di categorie delle quali a volte si fatica a capire cosa facciano d’utile, ci sta che si finisca per elaborare il concetto: “NO EURO – NO SERVIZIO”. Ripeto: sgradevole, ma l’Arma non è fatta d’eroi. Di professionisti sì. L’eroe esce fuori in una situazione disperata di emergenza: tenere sistematicamente una stazione aperta più delle ore retribuibili non è emergenza. Possiamo – dobbiamo – dire “Grazie!” a colui che si sacrifica, in quanto non può essere dato scontato.
Del resto Commissariati di P.S., caserme della GdF e uffici della Polizia Locale, adottano l’apertura ridotta. Mentre nelle FF.AA., da almeno 50 anni vi è la settimana corta, con un presidio minimo delle caserme. E la stessa Pearl Harbour fu attaccata di domenica perché l’ammiraglio era a giocare a golf.
Vado però contro-corrente. In sintesi, inutile girarci troppo su. L’Arma si caratterizza per la Stazione CC, sovente l’unico segno dello Stato in un determinato territorio, ora che Poste Italiane è diventata un’azienda privata. Potrebbe essere il momento, finalmente, alla luce delle continue proteste, di apprendere i rudimenti della tauromachia, cara ai cretesi, e chiedere – Comando e sindacati – alla politica che il sacrificio trovi un contrappeso nell’integrale pagamento dello straordinario, o di una indennità vera, in cui non s’annidi alcuna lettera “G”.
E la si finisca di prendersela con lo/a sprovveduto/a milite.


