Politica
“Per una Toscana libera e forte servono meno tasse e più autonomia”: Cavirani, Taddei e Dazzi (Lega) contro le tasse dell’amministrazione Giani
“Pochi giorni fa CNA ha affermato che la pressione fiscale per le piccole imprese nel nostro paese si attesta al 52 per cento. Queste risorse, così come il…

A Firenze Salvini e Vannacci presentano i candidati: Simoni capolista a Lucca
Sala gremita e applausi hanno accompagnato la presentazione dei candidati toscani della Lega, con Matteo Salvini e Roberto Vannacci protagonisti dell'evento. L'appuntamento ha segnato l'avvio della campagna elettorale in una Toscana che si prepara a una sfida ad alta tensione

Confcooperative Toscana Nord apre il confronto con i candidati alle regionali
Si è svolto ieri, nella sede territoriale di Lucca di Confcooperative Toscana Nord, il primo appuntamento della sezione lucchese con i candidati alle elezioni regionali del 12…

Rotonda di via Salicchi, Alfarano segnala code di auto sempre più lunghe e traffico ingestibile
Enzo Alfarano, capogruppo del Pd: "In questi giorni moltissimi cittadini mi stanno segnalando code sempre più lunghe e traffico sempre meno gestibile (e gestito) alla rotonda di Salicchi.

Al Real Collegio il primo appuntamento di "Ci siamo anche noi - i candidati incontrano i giovani"
In occasione delle elezioni regionali della Toscana, il 18 settembre, presso il Real Collegio di Lucca, si terrà il primo appuntamento di "Ci siamo anche noi - i…

Mancano solo i 'Red Block'
L’ultima diatriba sui quotidiani e i talk-show riguarda il dilemma se le sinistre incitino o meno all’odio, o meglio, se le manifestazioni d’odio, come l’uccisione di Mr. Charlie…

"Viabilità nella periferia nord, dall'amministrazione promesse da marinaio"
"Nonostante le rassicurazioni più volte messe in campo dall'amministrazione, passano le stagioni, ma lo stato della viabilità nella periferia nord è sempre lo stesso ed anzi, non può…

Viareggio pronta a salvare il museo del Risorgimento di Lucca
«La memoria storica è un patrimonio che non può essere abbandonato. Il Museo del Risorgimento rappresenta un presidio culturale fondamentale per la nostra identità nazionale, e non possiamo…

Olivati, Borselli e Stefani 'attaccano' Vannacci invitato per S. Croce e lo accusano di fomentare odio
Un equivoco che ha finito per tirare ingiustamente in ballo Francesco Raspini, capo di gabinetto della Provincia ed ex capogruppo del Pd. La forza di opposizione Lucca Futura,…

Baldini (Lega) non ci sta e attacca ancora Roberto Vannacci: "Da quando è entrato nel partito, in Toscana è stato il caos"
Da quando ad aprile scorso l'On. Vannacci è entrato nel partito assumendo via via, negli ultimi 4 mesi, incarichi sempre più…

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Sinceramente non riesco a capire l’atteggiamento delle forze del Centro sinistra lucchese che continuano ad assecondare in silenzio, l’ostinato comportamento di chiusura al confronto, dell’amministrazione comunale, rispetto al futuro della ex manifattura, che rappresenta un pezzo così grande e importante della storia della città.
A me sembra del tutto incomprensibile che questa amministrazione perseveri, con una determinazione degna di miglior causa, in questo atteggiamento che sta producendo una rottura profonda con una parte così importante di quella cultura e sensibilità democratica e di sinistra che costituisce, in larga parte, la sua base elettorale, già di per sé, così risicata.
Se c’è un tentativo in atto, da parte dell’opposizione del centro destra, di cavalcare e sfruttare la protesta in modo del tutto strumentale per il proprio tornaconto politico elettorale, la responsabilità è tutta di una maggioranza che si nega al confronto con i cittadini e rifiuta di costruire un progetto per la città attraverso un percorso di partecipazione democratica con chi la città la vive e ci vive.
L’opposizione non ha fatto altro che cogliere la palla al balzo e questo rientra nel gioco delle parti politiche, se la giunta fosse stata di centrodestra, avrebbero fatto sicuramente di peggio e il centro sinistra sarebbe salito sulle barricate per osteggiare una simile operazione speculativa che è contro il futuro di questa città, ed è così lontana e così distante da una qualsiasi normale sensibilità e cultura democratica e di sinistra.
Incomprensibile, mi appare anche la posizione di completa subalternità culturale di quel pezzo di sinistra lucchese che a suo tempo chiese un voto per rappresentare, la spina nel fianco sinistro, l’anima critica di un centro sinistra lucchese così tanto impregnato di democristianità e conservatorismo.
Per questi, vale il vecchio adagio: chi tace acconsente e questo silenzio mi addolora particolarmente e mi ferisce, poteva essere per loro, l’occasione per dimostrare ad un’intera città, la loro diversità e la loro coerenza con una impostazione politica rosso verde che pone come centralità del suo agire politico, quella della transizione ecologica, quella di chiudere con la cultura novecentesca della grande viabilità degli assi viari, della città sacrificata e sfigurata sotto la pesante dittatura dell’auto, quella di proporre e battersi per una destinazione d’uso sociale, culturale e pubblico della ex manifattura con un progetto utile e funzionale al rilancio del centro storico per evitarne il declino e la sua trasformazione in città vetrina e museo per soli turisti.
Una sinistra, che voglia essere considerata tale, non può accettare un’operazione di chiaro stampo speculativo fatta da una grande società privata che di speculazioni se ne intende e che pretende di imbrigliare il futuro della città a vecchi modelli di mobilità per i prossimi 40 anni, ben oltre la metà del XXI secolo.
Mi chiedo: con che faccia si presenteranno il prossimo anno alla vigilia delle elezioni per chiedere unità contro i barbari leghisti e sovranisti, come possono pensare che il ricatto della paura possa funzionare all’infinito e che, grazie a questo, possa continuare a vincere un centro sinistra senza alcun coraggio politico e senza qualità?
Come possono pensare di essere ascoltati e presi sul serio da quelli che fino a qualche giorno prima sono stati ignorati, quando non denigrati? Come, questa sinistra del centro sinistra, può presentarsi come un’alternativa reale e credibile dopo questo lungo e incomprensibile silenzio?
Sono domande difficili e anche imbarazzanti per uno che da oltre 40 anni milita con convinzione a sinistra.
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Stamani alcune decine di militanti di Potere al popolo Lucca sono stati in Piazza San Francesco ad appendere uno striscione in ricordo di una sollevazione popolare di alcuni secoli fa. Perch? Lo spiegano loro stessi in questo comunicato
Lucca, nel 1531, è una repubblica mercantile fondata sulla produzione del tessile, stretta tra l'organizzazione corporativa dell'artigianato e il sempre più competitivo mercato europeo.
E' l'alba della borghesia capitalista.I maestri testori e le maestre tessitrici, e rispettivi quattro o cinque lavoranti salariati che si occupano di diverse mansioni (sottoposti a loro volta alla Scuola dei Testori, ma senza accesso alle cariche e senza matricola), rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione cittadina, a lavoro su commissione per le poche famiglie di nobili-mercanti.
Il compenso dei maestri e delle maestre per la produzione con cui portare avanti l'attività, è stabilito dalla Corte dei Mercanti e dal Consiglio generale. A fianco alla produzione per il mercato europeo, la maestranza ha facoltà di lavorare in proprio con almeno uno dei tre telai consentiti dalla corporazione.
Ma nel XVI secolo, il mercato si sta allargando: la concorrenza dei prezzi spinge i mercanti a tentare di ammortizzare i costi di produzione, in estrema contraddizione con la struttura corporativa della società lucchese.
Così, nel gennaio del 1531, la Corte dei Mercanti e il Consiglio generale – istituzioni politiche appannaggio di poche famiglie di nobili-mercanti con l'esclusione delle arti, il cosiddetto "cerchiolino" – si impegnano nella revisione degli statuti delle arti: abolizione della possibilità di lavorare in proprio, gestione del marchio di garanzia da parte della Corte dei Mercanti e non più della Scuola dei Testori, diminuzione delle "manifatture", con conseguente abbassamento dei salari dei lavoranti.
Il tentativo di "proletarizzazione" dei maestri e delle maestre è dunque la miccia che, il 30 aprile del 1531, fa scoppiare la rivolta. Inizialmente sono i giovani setaioli a innalzare il drappo nero e a riempire le strade dei borghi, armi alla mano, contro le nuove leggi dei mercanti. La folla, composta da setaioli e tessitori già affaticati dalla bassa congiuntura del mercato tessile, si raduna il giorno successivo nella chiesa di S. Francesco, per richiedere il ritiro dei provvedimenti mercantili.
Il 2 maggio, l'assemblea si riunisce di nuovo, con la partecipazione di altre arti minori e del popolo minuto: alla richiesta dell'abolizione delle nuove leggi si accompagnano alcune doléances popolari: il carovita (in particolare di olio e vino) e la pessima qualità del pane venduto in monopolio alle classi inferiori dall'istituto dell'Abbondanza, ma anche il cattivo funzionamento delle carceri e degli spedali (in particolare il San Luca, gestito direttamente dalla Corte dei Mercanti) soprattutto nei confronti del fenomeno del vagabondaggio, come emerge da alcuni provvedimenti che i rappresentanti popolari riescono a far passare in Consiglio nel settembre del 1531.
Si apre allora una stagione di riforme che risponde alle richieste di maggiore partecipazione politica di una parte della città – cittadini "mediocri", piccole e medie famiglie nobili, che mirano ad entrare nei luoghi istituzionali della Repubblica. La struttura costituzionale si modifica, aumentando il numero dei rappresentanti dei vari organi di governo.
Ma la sollevazione continua, perché l'aspetto sociale e materiale non è esaurito: la crisi della produzione, le condizioni di vita dei ceti meno tutelati, la richiesta del pane ("e le donne gridavano pane, pane!") che fin dal primo maggio aveva animato le strade non si placano con le riforme del settembre del 1531.
Con il passare dei mesi, gli artigiani abbandonano progressivamente le istanze più radicali, fino a riunirsi ai nobili-mercanti – datori di lavoro – nella fase finale, quando, tra il 9 e il 10 aprile 1532, la sollevazione è repressa nel sangue dal governo aristocratico, per mano del celebrato Francesco Burlamacchi, che tutt'ora osserva torvo le masse popolari dal suo piedistallo in Piazza San Michele.
Nel Palazzo è riunita un'assemblea generale a cui sono invitati i rappresentanti di tutte le famiglie cittadine, nobili e popolane. Si discute dell'istituzione di una guardia forestiera per ripristinare l'ordine pubblico nella città. La discussione è tesa e non unanime: altrettanto lo è la votazione in Consiglio, al punto che nessuno dei partecipanti all'assemblea ha il permesso di abbandonare il Palazzo prima della conclusione della seduta.
Provvedimento poco efficace: presto il Palazzo si trova nuovamente assediato, come già accaduto nel novembre 1531. È a questo punto che il parentado delle grandi famiglie residente nel contado – Buonvisi, Spada, Guinigi – si muove verso Lucca, dove entra nella notte tra il 9 e il 10 aprile. Mentre le concessioni istituzionali ed economiche nei confronti dei tessitori saranno mantenute, la repressione riserverà ai tumultuosi galera, esilio e morte.
Ed è una storia mai esaurita, questa. Una storia in cui le classi popolari in rivolta vengono tradite dalle forze padronali e dalle loro corporazioni, sempre pronte a mettersi d'accordo coi governanti, a discapito dei lavoratori.
Buon Primo Maggio ai lucchesi, allora, che la loro storia non sia solo quella dei padroni e di chi li ha traditi.Buon Primo Maggio a chi lavora per il pane e per la dignità, ma soprattutto a chi vorrebbe lavorare, anche poco, ma tutti. Buon Primo Maggio a tutti gli straccioni.