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Futsal Lucchese, tanti ragazzi al tradizionale stage: una società in costante crescita
Si è tenuto nei giorni scorsi il quinto stage della Futsal Lucchese, un appuntamento ormai consolidato all'interno del percorso di crescita della società. L'iniziativa, che si è svolta…

I ragazzi del Basketball Club Lucca protagonisti a Calcinaia nel "tre contro tre"
Un inizio d'estate a tutta birra per il Basketball Club Lucca protagonista in ben 3 categorie nel 3x3…

Atletica, pioggia di medaglie per la Virtus Lucca ai campionati toscani giovanili
Diciannove atleti sul podio, sette titoli toscani di cui tre Juniores e quattro Allievi/e, cinque medaglie d’argento e tre di bronzo. Questo il ricco bottino del fine settimana…

Lorenzo Ansaldi, classe 2015, conquista il secondo posto alle regionali di nuoto a Livorno
Una splendida prestazione per Lorenzo Ansaldi, giovane talento del nuoto lucchese, che ha ottenuto un brillante secondo posto nella gara di 50 metri rana al Campionato Regionale estivo esord B memorial R.Dani svoltosi a Livorno

Le Mura Spring, le U18 vincono il torneo regionale del 3 contro 3
Il 3x3 è la formula di basket ad un canestro tipicamente estiva, giocata spesso nei playground all'aperto, un tempo di gara di 10 minuti a scorrere, con…

Bike Academy Marchini Costruzioni, impatto positivo con la strada al Giro dell'Albania
Dal 2022 il ciclismo capannorese ha un nuovo punto di riferimento: Bike Academy Marchini Costruzioni di Guamo, una società che segue l' atleta facendolo maturare grazie al personale specializzato…

Vikki Jayne Todd, terzo argento consecutivo ai campionati italiani di Taekwondo - Forme cinture nere
Un grande risultato per il Maestro Vikki Jayne Todd, che ha conquistato la medaglia d'argento ai Campionati Italiani di Forme cinture nere, che si sono tenuti al Forum Arena di…

Basketball Club Luca e Chiesina Basket, insieme per progettare il futuro del basket.
Il Basketball Club Lucca amplia il suo raggio di operatività cestistica stringendo un importante accordo con la società Chiesina Basket

Pugilistica Lucchese: Miria Rossetti Busa è campionessa toscana élite, Mencaroni in nazionale, Fulvetti ai campionati italiani
Giunti al giro di boa della stagione 2025, sono tre gli alfieri del momento per la Pugilistica Lucchese. La prima è Miria “Lady K” Rossetti Busa, che sabato 14…

Battezzata la Nove Nove Nove Gran Tuscany Grand Rando, portata a termine da Paolo Bianchini in 68 ore e 30 minuti
Tempo di randonnée e di Paolo Bianchini lo specialista montemagnese che dal 2012 si cimenta sulle distanze estreme sfidando limiti fisici e mentali, in ambienti a volte pericolosi pedalando per giorni interi sotto il sole e nella notte

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Fra le tante vittorie in una carriera professionistica lunga quasi venti anni dal '73 al '92, l'ex campione bresciano Pierino Gavazzi a 69 anni ha ottenuto quelle più importanti guarendo dal tumore e dal Covid 19.
Un successo che gli ha fatto capire quanto la vita sia importante come gli affetti familiari che sono sempre stati alla base della sua identità personale.
"Dopo aver provato l'isolamento - dice alla Gazzetta di Lucca - ed essermi ritrovato taciturno con lo sguardo spento ho visto la morte in faccia. Una volta che sono tornato a casa ho riabbracciato piangendo mia moglie Marilena, dopo 44 anni di matrimonio, e ho capito quanto sia importante la famiglia e ritrovarsi con figli e nipoti. Loro mi danno la forza nell'affrontare la vita quotidiana, allontanando i pensieri che tormentano la paura della mente ed un futuro incerto. Tutto ad un tratto ho ritrovato nuove energie "ricaricandomi" come quando in corsa reagivo alle delusioni ed alle giornate storte. Il bene della famiglia è il futuro del mondo, sono il mio angolo in cui potermi sempre rifugiare".
In questo periodo drammatico ha avuto la vicinanza degli amici?
"Si, tante testimonianze di affetto ed in particolare da Ivano Fanini che è stato costantemente vicino a me ed ai miei familiari".
Una amicizia che nasce da un rapporto di lavoro, ma che è proseguita non soltanto come strumento da utilizzare per secondi fini. Gli ultimi cinque anni di carriera professionistica, dall'87 al '91 compreso, il velocista li ha trascorsi con le squadre Fanini, l'ultimo biennio con l'avvento di Amore & Vita. Tanti i suoi successi ma uno in particolare è rimasto nella storia, quando il 26 giugno 1988 nell'autodromo Dino Ferrari di Imola si laureò campione d'Italia per la terza volta, vincendo la Coppa Placci.
Aveva 38 anni, uno dei più anziani vincitori della storia, e riuscì nell'impresa dopo un lungo digiuno di vittorie, battendo con uno sprint lungo due campioni del mondo: Giuseppe Saronni e Maurizio Fondriest. Un podio da far accapponare la pelle, considerando anche l'età del vincitore in un periodo in cui il ciclismo era un fenomeno sociale ed economico di primaria importanza.
Tanto di Ivano Fanini ci fu nel titolo per aver sempre creduto che Gavazzi non era ancora finito, ma che avrebbe colto altri importanti successi. La passione per il ciclismo dell'imprenditore lucchese non è mai scemata. Allora, come oggi, il suo movimento sportivo si faceva carico di responsabilità e i momenti aggregativi nei suoi 36 anni di permanenza nel mondo professionistico si sono spesso rivelati come salvezza anche per molti giovani che sognavano successi e gloria.
IL TRICOLORE DELL'88, IL SUGGELLO DI UNA CARRIERA
Pierino Gavazzi con quel tricolore ebbe di nuovo una sensazione di armonia, una reattività ad una prolungata sofferenza fisiologica per tornare a sperimentare emozioni forti nel vincere una gara importante quando non c'era più abituato. Ma lui non si arrese e la sua perseveranza gli consentì di vincere un altro titolo italiano, con la maglia Fanini-Suven Up.
"Quel titolo - dice - mi dette le stesse gioie del primo che vinsi nel '78 fra il tripudio dei miei tifosi sulle strade di casa, nei luoghi dove sono nato e dove ho trascorso la mia esuberanza giovanile. Anche allora il podio fu importante, perché superai nell'ordine grandi campioni come Francesco Moser e Giuseppe Saronni. Contro quest'ultimo ho perso spesso le volate, ma ho avuto il merito di superarlo anche nella Milano-Sanremo del 1980, la mia migliore stagione costellata dal successo nella Parigi-Bruxelles."
Tante belle pagine di ciclismo riportano il suo nome nel titolo come le 5 tappe vinte al Giro d'Italia, altre decine di classiche, ma da ricordare per il campione della piccola frazione di Provaglio d'Iseo anche le ultime due vittorie della sua carriera all'età di 39 anni, a testimonianza della sua longevità, con la Fanini Polli quando si impose al Trofeo Laigueglia ed al G.P.Industria e Commercio di Prato.
Ci vuole descrivere Pierino il momento della volata di Imola?
"Nell'ultimo circuito di 5 chilometri dell'Autodromo di Imola, il percorso era abbastanza ondulato ed anche quando dalla collina si scendeva verso Rivazza la discesa era piuttosto difficile da affrontare. Le mie caratteristiche non sono mai state di velocista da ultimi cento metri, le mie volate vittoriose sono state soprattutto al termine di percorsi lunghi dove altri velocisti come me arrivavano a fare la volata affaticati. In quella Coppa Placci la distanza era di oltre 275 chilometri, quindi adatta alle mie caratteristiche. Ancora una volta ebbi la capacità di mantenere alta l'andatura nel finale di gara e quando scattai lungo colsi leggermente di sorpresa Giuseppe Saronni. Lo superai di qualche metro iniziando lo sprint e conservai un leggero vantaggio fino alla riga di arrivo. Ivano Fanini mi venne subito incontro colmo di gioia".
Sempre con i colori Fanini Pierino Gavazzi ha concluso anche la breve carriera di direttore sportivo.
"Si, dopo essermi cimentato ad allenare squadre di dilettanti dal 2006 al 2009 tornai nel professionismo come D.S. dell'Amore & Vita Ms Donald's. Fu un triennio non molto positivo per i nostri colori con Ivan Quaranta, nostro elemento di punta che lasciò un po' a desiderare sul piano dei risultati".
Come definisce da dirigente sportivo Ivano Fanini?
"Un dirigente appassionato, capace, vulcanico e gran motivatore, che però ha pagato i troppo attacchi a dirigenti e personaggi più influenti nel ciclismo".
Ha un rimpianto nella sua lunga carriera?
"A Praga ai mondiali dell'81. Ero in fuga assieme a Battaglin e ad un gruppetto di francesi fra cui Cyrille Guimard. Mancavano due giri ed avevamo buone possibilità di portare a termine la fuga, ma i francesi non tiravano perché temevano me in volata, così il c.t. Martini ci disse di soprassedere per puntare alla carta Saronni che era in splendida forma. Peccato che fu superato di due centimetri si e no da Freddy Maertens. Io giunsi ottavo disputando un grande mondiale. In azzurro sono stato un decennio e rimpiango di non essere salito almeno una volta sul podio".
OGGI UN CICLISMO PIU' TECNOLOGICO, MA MENO PASSIONALE
"Oggi il ciclismo è cambiato rispetto a quando correvo io - conclude Pierino Gavazzi - C'è una tecnologia più avanzata che sperimenta sempre nuovi metodi. Ai miei tempi si correva da febbraio a ottobre, dal Laigueglia al Lombardia, puntando a vincere sempre ed i più bravi si contendevano anche le vittorie meno importanti. Oggi un corridore mira al suo appuntamento stagionale e poi si concede magari un lungo rilassamento. Saronni, Moser, io ed altri litigavamo in gara, ma appena finita tornavamo ad essere amici commentandola. Oggi i corridori vanno in camera con il tablet e lo smartphone".
Gavazzi ha disputato anche quattordici Giri d'Italia. Saltò l'edizione del '91 perché fu investito in allenamento da un'auto, rompendosi il ginocchio. Una passione condivisa in famiglia. Suo figlio Nicola è stato professionista dal 2001 al 2004. Più lunga la carriera dell'altro figlio Mattia che ha corso un triennio anche con Amore & Vita vincendo 17 corse in due stagioni.
Ora per la gioia di papà Pierino i due lavorano assieme nell'impresa edile gestita da Nicola e lo fanno con grande passione. Fanini-Gavazzi un lungo rapporto professionale di fiducia che ha consentito al primo di conquistare corse importanti per la sua squadra ed al secondo di prolungare una carriera durata ben oltre la media del picco tra i professionisti.
Al velocista bresciano è mancato il podio ai mondiali, ma sul gradino più alto c'è salito debellando due malattie che purtroppo hanno provocato tante vittime in tutto il mondo.
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Martedi 5 maggio ricorreva il ventennale della morte di Gino Bartali, uno fra i più grandi campioni dello sport italiano, non soltanto per aver rappresentato un'epoca assieme al rivale Fausto Coppi, ma anche per il suo coraggioso altruismo nella vita. L'ex campione di Ponte a Ema, più passa il tempo e più conserva il suo ricordo tramandato di generazione in generazione non soltanto per gli amanti del ciclismo. Nel corso della seconda guerra mondiale venne incontro agli ebrei trasportando in bicicletta documenti falsi per aiutarli ad avere una nuova identità, rischiando la fucilazione ma dimostrando un coraggio straordinario nel salvarne tanti dall'olocausto. Una guerra che lo allontanò dalle corse negli anni migliori privandolo di altri successi ma lasciando una grande eredità umana e di esempio sportivo. Fra i tanti incontri nel suo post carriera, quello professionale di direttore tecnico e uomo immagine della squadra professionistica fondata da Ivano Fanini, attuale patron di Amore & Vita-Prodir.Fanini, proprio lui, con la sua passione ciclistica che parte da lontano, quando ancora ragazzino, vinceva, nelle categorie esordienti ed allievi, seguendo le orme e superandolo nei risultati suo fratello Michele recentemente scomparso. Riuscito a gestire lo stress di commerciante di auto cullava l'idea di fondare una squadra professionistica dopo i numerosi successi ottenuti nelle squadre dilettantistiche su strada e nel ciclocross con Ottavio Paccagnella e Nazzareno Berto. Si affacciò al professionismo portando a correre quando ormai era a fine carriera il pescagliese Olimpio Paolinelli nel 74, era l'era di Merckx, Gimondi e Fuente ma anche dell'avvento di Francesco Moser. Quindi nel 1984 fondò la Fanini Wurer proseguendo un percorso vincente con i danesi Jens Veggerby e Mads Pedersen, dopo che aveva padroneggiato fra i dilettanti con Kin Eriksen. "Avevo l'ambizione-dice il Patron-di passare al professionismo trasmettendo ai corridori la mia voglia di vincere ma anche di non mollare mai e a conoscere la costanza, l'impegno e la fatica". Raccoglieva nel suo vocabolario, già 36 anni fa, frasi motivazionali da trasmettere agli atleti, facendo loro aumentare l'autostima e la voglia di vincere. Ingaggiato il lucchese Piero Pieroni come direttore sportivo, mancava alla squadra qualcosa a livello mediatico per dare maggiore visibilità, un personaggio conosciuto, che emanasse carisma e spargesse nell'aria fiducia. Così, grazie all'amicizia con Pieroni, fu convinto Gino Bartali, allora settantenne. Chi meglio di lui?. "Bartali era già amico di mio padre Lorenzo-suo grande tifoso-ed alle nostre cene familiari in Corte Fanini si univa a noi apprezzando la cucina di mia madre Livia". Intrecci travolgenti e sviluppi dipingevano in pochi attimi la passione, la stima e la sensazione che stava nascendo qualcosa di importante legato al nome di Segromigno, piccola frazione del territorio comunale di Capannori, fino ad allora conosciuto soltanto per il settore calzaturiero, ma che da li a poco tempo avrebbe amplificato progressivamente la divulgazione con il ciclismo.
IVANO FANINI: "NEL MIO GARAGE CONSERVO LA GOLF BIANCA DI GINO BARTALI"
Da commerciante di auto Ivano Fanini non si è mai fatto vincere dalla tentazione di vendere la golf Bianca decappottabile che apparteneva al campione di Ponte a Ema. "Il ricordo è un frammento della nostra vita-dice-ed io non lo getterò mai, perchè quell'auto mi fa rimanere vivo il suo nome di un campione che ha dato le più belle emozioni da tifoso a mio padre e che ha segnato un'epoca di trionfi del ciclismo italiano e di imprese come quelle di rivincere Giro e Tour a distanza di dieci anni. Campioni così ne nasce uno ogni cinquanta anni ed anzi il suo erede, anche se il ciclismo di oggi è completamente cambiato, deve ancora nascere a distanza di 66 anni dal suo ritiro. Ecco perchè la sua auto appartiene da sempre ai miei ricordi più cari e non la venderei mai".
LE ESPERIENZE DI GINO BARTALI UN TRAIT D'UNION FRA NUOVE GENERAZIONI ED ESPERIENZE DEL PASSATO
La mente del vulcanico Ivano Fanini è un ripostiglio capiente, è una vita di momenti lieti e di burrascose difficoltà. Ma quando si ricorda Gino Bartali procede a ruota libera. "L'eterno campione era solito passare da Segromigno, quando andava, assieme alla moglie Adriana, a trovare la figlia Bianca Maria sposata a Castelnuovo Garfagnana. Faceva una sosta salutando mio padre Lorenzo a cui donò la sua maglia gialla del Tour de France, conservata nella vecchia sede della mia società ciclistica. La sua fede cattolica, l'amore e la tolleranza, sono doti che lo hanno sempre contraddistinto. Quando era nella zona di Lunata, dove gestisco una concessionaria di auto, era solito fare visita al Santuario e pranzare con i frati ed andare a fare visita al più grande calzolaio del ciclismo mondiale: Luigi Colombini. Anche a lui faceva gli scarpini, come ai più grandi campioni di ciclismo successivi alla sua epoca. Quando divenne per una stagione direttore tecnico della mia squadra, io avevo 35 anni ed ho assunto nel tempo crescenti responsabilità amministrative non soltanto a livello commerciale ma anche ciclistiche, dal momento che la mia squadra attuale Amore & Vita Prodir è la più datata del ciclismo internazionale e quegli incontri con Bartali mi sono stati utili come trait d'union fra la nuova generazione ansiosa di cimentarsi nella vita e il bagaglio di esperienza del passato". Ma ecco altri racconti inediti nel ricordare Ginettaccio, come veniva bonariamente soprannominato dagli amici. "Iniziai un percorso pieno di incognite che poi con perseveranza ho tirato avanti sino ad oggi, avvalendomi delle capacità di mio figlio Cristian. Anche quando Bartali non faceva più parte del nostro quadro tecnico, stava a contatto con la mia società ciclistica, un mondo che lo ha sempre catturato e appassionato e continuava a coltivare la sua eterna passione dedicandoci attenzioni, d'altronde la mia squadra era spesso l'unica a livello professionistico in Toscana. Lui era solito dare consigli ai corridori sulle loro responsabilità, sulle loro aspettative e sui valori morali per lo sviluppo ciclistico. Saliva spesso sulla nostra ammiraglia e si univa alla squadra negli alberghi che ci ospitavano. La sua immagine dava più lustro anche alle mie squadre professionistiche. In due stagioni ne ho avute due: la Fanini Seven Up e la Fanini Pepsi Cola(88) e Polli-Fanini e Pepsi-Fanini(89). Anche a livello mediatico, Adriano De Zan, che giudico senza che nessuno dei suoi colleghi me ne voglia, il più grande telecronista di tutti i tempi per come faceva vivere la corsa, dava sempre risalto nelle sue telecronache alle mie squadre. Bartali aveva in simpatia Alessio Di Basco, uno dei corridori più forti di quegli anni, consigliandolo a livello di preparazione atletica, psicologica e tattica. Le nostre famiglie si incontravano spesso e divenni amico dei suoi figli Andrea e Luigi."
PRIMA DI MORIRE BARTALI HA SEGUITO PER ANNI LA SQUADRA FEMMINILE MICHELA FANINI
Gino Bartali seguiva anche il ciclismo femminile. "Negli ultimi anni di vita-conclude Ivano Fanini-era spesso assieme a mio fratello Brunello, presidente della Michela Fanini campionessa straordinaria e precocentemente scomparsa nell'ottobre del 94 a causa di un incidente stradale, dopo che aveva già vinto tante corse a livello internazionale, il campionato italiano su strada ed il Giro d'Italia. Le attenzioni di Bartali furono molto preziose per mio fratello. I due erano spesso insieme alle corse in giro per l'Italia. Un altro segnale di profonda amicizia verso le nostre famiglie, sfociata in una correlazione stretta tra empatia e altruismo." Ivano Fanini ha più volte espresso che dopo il coronavirus si augura che il ciclismo torni indietro di 50 anni. Bartali avrebbe detto: "L'è tutto da rifare!"