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Futsal Lucchese, tanti ragazzi al tradizionale stage: una società in costante crescita
Si è tenuto nei giorni scorsi il quinto stage della Futsal Lucchese, un appuntamento ormai consolidato all'interno del percorso di crescita della società. L'iniziativa, che si è svolta…

I ragazzi del Basketball Club Lucca protagonisti a Calcinaia nel "tre contro tre"
Un inizio d'estate a tutta birra per il Basketball Club Lucca protagonista in ben 3 categorie nel 3x3…

Atletica, pioggia di medaglie per la Virtus Lucca ai campionati toscani giovanili
Diciannove atleti sul podio, sette titoli toscani di cui tre Juniores e quattro Allievi/e, cinque medaglie d’argento e tre di bronzo. Questo il ricco bottino del fine settimana…

Lorenzo Ansaldi, classe 2015, conquista il secondo posto alle regionali di nuoto a Livorno
Una splendida prestazione per Lorenzo Ansaldi, giovane talento del nuoto lucchese, che ha ottenuto un brillante secondo posto nella gara di 50 metri rana al Campionato Regionale estivo esord B memorial R.Dani svoltosi a Livorno

Le Mura Spring, le U18 vincono il torneo regionale del 3 contro 3
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Bike Academy Marchini Costruzioni, impatto positivo con la strada al Giro dell'Albania
Dal 2022 il ciclismo capannorese ha un nuovo punto di riferimento: Bike Academy Marchini Costruzioni di Guamo, una società che segue l' atleta facendolo maturare grazie al personale specializzato…

Vikki Jayne Todd, terzo argento consecutivo ai campionati italiani di Taekwondo - Forme cinture nere
Un grande risultato per il Maestro Vikki Jayne Todd, che ha conquistato la medaglia d'argento ai Campionati Italiani di Forme cinture nere, che si sono tenuti al Forum Arena di…

Basketball Club Luca e Chiesina Basket, insieme per progettare il futuro del basket.
Il Basketball Club Lucca amplia il suo raggio di operatività cestistica stringendo un importante accordo con la società Chiesina Basket

Pugilistica Lucchese: Miria Rossetti Busa è campionessa toscana élite, Mencaroni in nazionale, Fulvetti ai campionati italiani
Giunti al giro di boa della stagione 2025, sono tre gli alfieri del momento per la Pugilistica Lucchese. La prima è Miria “Lady K” Rossetti Busa, che sabato 14…

Battezzata la Nove Nove Nove Gran Tuscany Grand Rando, portata a termine da Paolo Bianchini in 68 ore e 30 minuti
Tempo di randonnée e di Paolo Bianchini lo specialista montemagnese che dal 2012 si cimenta sulle distanze estreme sfidando limiti fisici e mentali, in ambienti a volte pericolosi pedalando per giorni interi sotto il sole e nella notte

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Pugliese soltanto di nascita, ma già da bambino mise le sue radici in Veneto, prima a Cornuda poi, dopo essersi unito in matrimonio nel 1980 a Rech Bertilla, a Crocetta del Montello dove risiede tutt'oggi da pensionato all'età di 65 anni. Stiamo parlando di Mario Beccia, uno fra i migliori scalatori nei suoi undici anni di professionismo iniziato alla Sanson nel 77 fino alla Malvor nell'88. Un altro campione che ha indossato i colori Fanini. Dalle foto in bianco e nero si intuisce che di anni ne sono passati tanti, ma per chi ha fatto abitudine ai capelli grigi non dimentica quei corridori che non solo hanno fatto epoca, ma hanno segnato con grandi imprese i momenti più fulgidi del ciclismo dopo l'era Merckx: quello di Bernard Hinault, di Francesco Moser, Beppe Saronni e poi via dicendo Giovanni Battaglin, Moreno Argentin, Joop Zoetemelk. Beccia e Panizza erano fra quegli scalatori che dopo essere stati gregari, trovarono spazio per fare la loro corsa sui valichi alpini e sulle grandi salite del Giro d'Italia. Trovare spazio in un ciclismo che ha vissuto per anni sul dualismo Moser-Saronni non era facile ed il Giro d'Italia era uno dei momenti più propizi per mettersi in luce quando la strada saliva, uno dei pochi che gli alfieri della Sanson e della Del Tongo concedevano. A Lucca la passione per il ciclismo era crescente perchè già allora, come oggi, il professionismo esisteva grazie a Ivano Fanini, il patron che non demorde, che non si arrende nemmeno oggi in un periodo travagliato dal covid, dove anche le piccole cose per tutti diventano difficili. Tanti i campioni passati da lui ed uno fra questi è stato proprio Mario Beccia nel 1987, il grande scalatore che ancora mancava alla sua tradizione centrata prevalentemente su velocisti e passisti, ma anche specialisti della pista e del ciclocross che hanno portato nella sua bacheca 12 titoli mondiali.
BECCIA IMPUNTO' I PEDALI A 18 ANNI E CON ENORMI SACRIFICI SI IMPOSE IN UN PERIODO TRAVAGLIATO DALLA CRISI ECONOMICA
Per un ragazzo non era facile negli anni 70 riuscire a coltivare la propria passione ciclistica, perchè la crisi economica massacrò la classe media e Beccia apparteneva ad una famiglia piuttosto povera dove i soldi servivano per tirare avanti, non certo per sacrificarsi nello sport. Si creò in quegli anni uno zoccolo duro della popolazione il cui reddito si collocava sotto la soglia della povertà. Lui si rimboccò le maniche trasformando una bicicletta deposta in cantina in un veicolo azionato dalla potenza muscolare, adagiandola con un kit da corsa e un sistema meccanico arrangiato dalle sue abilità.
"Una bicicletta-ricorda lo scalatore-riuscivo a smontarla e rimontarla completamente. Era l'unico sistema che mi consentiva di pedalare. Spesi a quei tempi 50 mila lire, risparmiate con tanti sacrifici, facendola verniciare, togliendo il portapacchi ed allestendola per fare qualche giro del comprensorio dove abitavo."
Come ciclista non necessitava di grandi gesti tecnici per andare forte, perchè l'alta frequenza del suo pedalare era resa naturale dal suo fisico minuto ed agile. Si univa ai ciclisti del Montebelluna e coglieva i momenti ideali per provare le vie di montagna più famose. Nelle prealpi bellunesi in cima arrivava sempre da solo fra lo stupore di chi non lo conosceva per quella sua naturalezza in salita. Insisteva su percorsi impegnativi per le pendenze elevate ma la fatica veniva sempre ripagata dalla sua grande passione. Già da juniores mostrava una buona tecnica e capacità nel gestire le proprie forze. Da lì ad una buona carriera dilettantistica il passo fu breve.
NEL 1980 LA VITTORIA AL GIRO DELLA SVIZZERA STACCANDO JOOP ZOETEMELK
Passato professionista nel 77 con la Sanson iniziò a fare il gregario a Francesco Moser. Ma per incompatibilità di carattere preferì cambiare squadra diventando leader della Mecap e successivamente della Honved Bottecchia. Con questi ultimi colori nel 1980 vinse il Giro della Svizzera staccando tutti nell'ottava tappa Mendrisio-Glarus. Fra i battuti il beniamino di casa Josef Fuchs e lo scalatore olandese Joop Zoetemelk. Un Beccia formidabile che arrivò in solitudine sul traguardo infliggendo al termine del Giro distacchi consistenti ai suoi avversari. Fra i suoi principali successi in carriera quattro tappe al Giro d'Italia vincendo anche la maglia bianca nel 77 come miglior giovane; la Freccia Vallone dell'82 ed il Giro dell'Appennino dell'84. Giunse anche sul podio della Sanremo nell'86 dietro il vincitore Sean Kelly e Greg Lemond. Ha indossato la maglia azzurra dal 77 all'84.
"In salita non temevo nessuno-dice l'ex scalatore- perchè rispettavo chi andava forte come gli spagnoli Lejarreta, lo stakanovista dei grandi giri, e Alberto Fernandez Blanco, ma non mi sentivo loro inferiore."
La sua migliore edizione al Giro fu quella del 1983, quando giunse al quarto posto, sfiorando il podio per pochi secondi nell'edizione vinta da Saronni, ma ritagliandosi il suo momento di gloria vincendo la prestigiosa tappa a Selva di Val Gardena. In quell'edizione rosa nella classifica finale a precederlo furono soltanto Saronni, Visentini e Fernandez Blanco.
IL RIMPIANTO SULLO STELVIO NEL 1980
Qual'è stato il maggior rimpianto della sua carriera?
"Se devo dire quale amarezza ancor oggi mi porto dietro è la tappa sullo Stelvio del 1980, la terz'ultima di quel giro da Cles a Sondrio di km.221. Ero in classifica, però prima di me c'era Miro Panizza, secondo che tallonava il grandissimo Bernard Hinault. Quando Hinault attaccò assieme al suo gregario Jean René Bernaudeau (all'esordio nella corsa rosa), ero in grande forma. Mi sentivo di star bene e di potermi sganciare dal gruppo al loro inseguimento ma non lo feci perchè avrei svantaggiato Panizza ed in quel giro gli italiani mi avrebbero giudicato male perchè ancora speravano che Miro potesse vincere quel giro. All'arrivo Hinault concesse la tappa al giovane Bernaudeau e vinse il Giro. Panizza fu secondo ad oltre cinque minuti dal fuoriclasse bretone ed io conclusi il Giro al sesto posto. Lei prima mi aveva chiesto quale scalatore temevo? A pensarci bene nessun specialista è stato forte quanto Hinault, uno dei più completi corridori di tutti i tempi".
NEL 1987 BECCIA PASSA CON SODDISFAZIONE ALLA REMAC FANINI
Il 1987 Beccia l'ha trascorso alla Remac Fanini, voluto fortemente dal patron della Remac Mario Cioli e sostenuto dall'ing. Falconi allora titolare di Alan, uno degli sponsor tecnici. A presiedere la formazione c'era Ivano Fanini.
"Ho apprezzato-dice l'ex prof pugliese-di Fanini lo stile comunicativo. Pieno di entusiasmo, da un quarantennio segue le vicende sportive del ciclismo scontrandosi con i più alti organi federali per difendere i suoi principi, come ad esempio la lotta contro il doping, perchè Fanini è una persona sincera e quello che ha da dire lo dice in faccia. Intorno a me c'era un clima di sfiducia quando mi fu prospettata l'ipotesi di passare a correre per lui, ma accettai e ne fui felice. Non era facile, già allora riscuotere gli stipendi puntualmente come mi successe alla Remac Fanini. Volevo far bene alla Milano-Sanremo, dopo il podio dell'anno precedente , ma arrivai diciannovesimo ed a vincere quel giorno fu lo svizzero Erich Maechler. In squadra con me c'era l'astro nascente del ciclismo: il danese Rolf Sorensen. Cercammo di aiutarci per il grande risultato ma lo stesso Sorensen non riuscì ad infilarsi nella fuga giusta e terminò al decimo posto. Resta il fatto che i colori Fanini furono con noi due ben rappresentati alla classica monumento. Rolf Sorensen a fine stagione ebbe molte richieste da grandi squadre. Fanini, per consentirgli una carriera più luminosa lo svincolò consegnandolo alla Ariostea dove si unì ad Argentin, Furlan, Cassani e Baffi. Un gesto che dimostra l'umanità di Fanini mentre altri al suo posto avrebbero fatto valere il contratto per assicurarsi le prestazioni dell'allora ventiduenne ciclista danese che prometteva scintille per il futuro."
Mario Beccia con le sue vittorie ed il suo talento ha fatto sognare per qualche anno i suoi tifosi sparsi un po' in giro per l'Italia. Fanini lo fece conoscere anche ai lucchesi che verso la fine degli anni 80 ebbero l'occasione di ammirare volti noti della tv e delle telecronache di Adriano De Zan, protagonisti nelle fasi conclusive per giocarsi la vittoria, come G.B. Baronchelli e Pierino Gavazzi che facevano da chioccia ai numerosi giovani che sognavano di diventare campioni. Fare attività ciclistica è sempre stato difficile figuriamoci oggi nel periodo falcidiato dal covid che ha dato il colpo di grazia anche a quelle società improntate sulle categorie giovanili. A Lucca è quasi impossibile dare vita ad una squadra juniores, mentre Fanini continua ad alimentare il professionismo con Amore e Vita, una squadra con licenza Continental che vince all'estero ma anche in Italia come sta a dimostrare la Challenge della Liguria di Tizza dello scorso anno. Con onore riesce anche a prestare corridori agli stage di Cassani, la recente convocazione di Manuel Senni è l'ultima di una lunga serie. Ricordiamo con simpatia Mario Beccia ed incoraggiamo Ivano Fanini a confermarsi quel talent-scout contradditorio e complesso, amato e anche odiato in tutta Italia, ma di sicuro tutte le sue squadre le ha create da solo, alimentate da una passione genuina. Tanti al suo posto avrebbero sfruttato l'immagine a livello commerciale per vendere più biciclette, lui invece di professione fa il commerciante di auto rilassandosi inseguendo nuovi successi con i suoi corridori. Mario Beccia rimarrà per sempre quello scalatore sbocciato per caso divertendosi. Un processo attivo e dinamico approfondito sui passi alpini del Giro d'Italia. Dopo aver appeso la bicicletta al chiodo ha fatto il D.S. del Team Vorarlberg per un biennio ed ora continua assieme a quegli amici di Montebelluna conosciuti per caso in bicicletta a pedalare chilometri spensierati da pensionato ammirando il paesaggio tra le curve e i tornanti delle dolomiti bellunesi.
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Ricorre oggi il centenario della nascita di Lorenzo Fanini, uno dei pionieri del ciclismo lucchese, colui che dette il via nel 1948 all'epopea Fanini, costituendo la prima squadra. Un piccolo uomo perchè basso di statura con lo sguardo rivolto ai desideri ciclistici dedicandosi con carattere e generosità. Faceva il meccanico ed il costruttore di biciclette a Segromigno in Piano. Erano i tempi in cui Gino Bartali conquistava il suo secondo Tour de France a distanza di dieci anni dal suo primo trionfo, riuscendo nell'impresa di superare il beniamino di Oltre Alpe Luison Bobet. Quel Gino Bartali che 36 anni dopo, per un fatal destino, diverrà il primo direttore tecnico all'esordio nel professionismo del Team Fanini, con D.S Piero Pieroni.
Il 1948 è facile da ricordare perché il 1.o gennaio entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana. Le elezioni furono vinte dalla Democrazia Cristiana ed il paese tornò ad essere libero dopo anni di dittatura fascista. Quel meccanico di Segromigno voleva e poteva fare di più: portare i giovani a correre con fiducia in sé stessi ed in quello che erano in grado di fare. Rimarcava a pennello le caratteristiche di chi crede agli astri ed ai segni zodiacali. Essendo del Toro aveva infatti un temperamento piuttosto lento da mettere in moto, ma una volta lanciato non lo fermava più nessuno. Dedito all'amicizia con parsimonia, dava tutto sé stesso alle persone in cui credeva. Un tipo socievole, ma se aggredito reagiva per le rime.
Dalla sua unione con Livia Guidi, nacquero Pietro, Michele, Brunello e Ivano, quattro fratelli e quattro alleati nel sostenere il ciclismo. Da ragazzi hanno corso tutti ma nell'albero genetico della famiglia per attendere il campione si dovette aspettare la nascita di Michela, figlia di Brunello, che diventò una delle più forti cicliste mondiali vincendo in due anni il titolo italiano, il Giro d'Italia e diverse tappe al Tour prima di morire precocemente a 21 anni a causa di un incidente stradale. Il suo nome continua a vivere in diverse vie e piazze a lei intitolate. Il test di fratellanza dei Fanini li portò nella perfetta corrispondenza nel gestire le squadre: chi fra i Dilettanti, chi nel femminile fino ad arrivare al professionismo tutt'ora in vigore con Amore e Vita grazie alle abilità imprenditoriali e manageriali di Ivano, il più giovane dei quattro fratelli.
L'ISPIRAZIONE DOPO LA SFIDA TRA DUE CICLISTI DELL'EPOCA: "SGUGHI" e IVANO FANINI
Si era creata verso la fine degli anni 40 una rivalità ciclistica tra Porcari e Segromigno. Ad accenderla furono Ugo Del Carlo soprannominato "Sgughi" rappresentante della squadra ciclistica di Porcari e Ivano Fanini, fratello di Lorenzo e zio dell'omonimo Ivano Fanini, l'attuale patron della squadra professionistica Amore e Vita. Ivano Fanini correva allora per la Virtus Lucca, successivamente trasformata nel nome in Ciclistica Lucchese.
I due rivali vincevano ovunque, tanto da far nascere una storica rivalità tra paesi. Per stabilire chi era il più forte fu organizzata una crono-sfida fra i due di un centinaio di chilometri che rendeva Porcari e Segromigno rivali ed infiammava le rispettive tifoserie. La partenza fissata a Prato e, per l'occasione fu bloccato il traffico nell'autostrada Firenze Mare, percorsa dai due ciclisti con 15 minuti di distanza l'uno dall'altro. Il tracciato prevedeva poi l'uscita al casello di Lucca per poi proseguire dal Monte Quiesa fino al traguardo di Viareggio. Vinse Sgughi grazie ad un fisico più possente.
Una straordinaria e lacerante sfida che suscitò forte emozioni, molto sentita anche dai contadini che scommisero sull'esito persino le vacche, il bene più prezioso che disponevano, tanto per descrivere il grande clamore dell'evento. Da lì a poco tempo Ivano Fanini si trasferì a fare il commerciante e a dirigere squadre ciclistiche in Argentina. Ma quel clamore portò Lorenzo Fanini a fondare la prima squadra dilettantistica con sede a Segromigno e da quel 1948 iniziò la propagazione del contagio per migliaia di ciclisti che si sono succeduti nel tempo tesserandosi nelle varie categorie.
L'INGRESSO IN SOCIETA' DI LUIGI DELLA MAGGIORA
Lorenzo Fanini aveva due fratelli: Ivano, nel frattempo emigrato in Argentina, e Rosetta. Negli anni 50 Luigi Della Maggiora, marito di Rosetta, fu contagiato dalla passione ciclistica.
"Come potevo fare diversamente? - dice- dal momento che la storica sede si trova di fronte alla mia abitazione. Nacque un movimento ciclistico divenuto un fiume di appassionati e di aspiranti corridori, che cresceva di anno in anno. La mia curiosità fu forte ed entrai nel mondo delle due ruote. Sono stato per anni anche presidente. Abbiamo organizzato tantissime corse ed anche, grazie alle capacità di Ivano Fanini (figlio di Lorenzo), un circuito per professionisti vinto da Gianni Motta, allora rivale di Gimondi per il quale tifavo. Poi verso il 1973, quando l'attuale patron di Amore e Vita iniziò a mostrare capacità manageriali e di relazione interpersonale accrescendo la struttura tecnica ed organizzativa, gli cedetti il passo, rimanendo segretario assieme a Piero Pasquini. Lorenzo era una persona estrosa, un vero appassionato di ciclismo".
Morto all'età di 83 anni, il 26-5-2004, Lorenzo Fanini riuscì a trasferire la sua passione ai quattro figli, che hanno contribuito a far diventare il marchio ciclistico fra i più conosciuti a livello nazionale. Il più grande dei fratelli è Pietro, l'attuale commerciante di auto di Segromigno.
"Mio padre - sottolinea - mi portava a seguire le corse in moto ed ero molto divertito a leggere le sue intenzioni. Ero sempre sulla sua linea d'onda. Avevo sette anni quando sulla circonvallazione di Lucca verso Porta Santa Maria cademmo scivolando sul suolo ancora sempre sterrato. Risalimmo in sella incuranti delle leggere escoriazioni riportate. Da allora provai a fare il ciclista ma l'esperienza durò poco. Di noi fratelli coloro che vincevano spesso erano Ivano e Michele (quest'ultimo scomparso a novembre del 2019 a causa di un improvviso malore ndr). Io fondai la nostra prima squadra femminile dove hanno corso anche mia moglie Rosanna e Maria Pia, la moglie di Ivano, prima che Brunello desse il via alla Fanini Sprint poi diventata Michela Fanini in memoria di mia nipote. Attualmente abbiamo una squadra femminile seniores gestita da mio nipote Manuel. La passione per il ciclismo l'ha trasmessa a tutti noi mio padre Lorenzo e non potremmo mai appassionarci di un altro sport che non sia quello della bicicletta. Anche mio figlio Nicola ha corso e vinto tanto nelle categorie giovanili. Fu un dispiacere per me quando smise di correre perché speravo di poterlo seguire ancora per tanti anni. Impossibile contare i successi delle nostre squadre perché sono migliaia. Il primo in assoluto lo ottenemmo vincendo la Coppa Adriana con il quartetto formato da Nutini, Carrara, Paoletti e Nottolini arrivando con gli stessi al secondo posto nazionale. Ora continuo ad esercitare la mia passione mettendo la mia cabriolet a disposizione dei direttori di corsa delle varie organizzazioni dilettantistiche e mi diverto a guidarla".
BRUNELLO FANINI: "MIO PADRE SI ESALTAVA AI SUCCESSI DI MIA FIGLIA MICHELA"
Per tanti anni Brunello Fanini ha gestito una squadra di ciclismo femminile che aveva come protagonista sua figlia Michela, portata via dalla cattiva sorte alla tenera età di 21 anni dopo che già aveva vinto tutto.
"Mio padre quando nacqui nel 47 mi mise nome Brunello, perchè gli ricordava Giovanni Brunero. Infatti il mio soprannome è sempre stato Brunero. Papà Lorenzo era un uomo tranquillo che si entusiasmava alle vittorie dei suoi ragazzi. Michela gli dette tante soddisfazioni, andava orgoglioso di lei: una sua nipote era riuscita ad entrare nell'élite del ciclismo nazionale e internazionale. Amava il ciclismo più di ogni altra cosa e trasmise la sua passione a noi fratelli". Brunello Fanini dopo aver organizzato diverse edizioni del Giro d'Italia in questo momento continua ad organizzare il Giro della Toscana femminile internazionale.
IVANO FANINI: "CON LA SUA CADILLAC A VOLTE SEGUIVA ANCHE DUE-TRE CORSE AL GIORNO"
Ivano Fanini, il più giovane dei quattro fratelli, quando prese in mano le redini del ciclismo di famiglia dette un notevole impulso alla storia della società. Nel 1973 permise al garfagnino Olimpio Paolinelli in maglia Fanini di correre nelle corse professionistiche. Undici anni dopo fondò la prima squadra professionistica e dal 1984 non ha più smesso di allestire formazioni che hanno fatto scuola a generazioni di corridori. La sua attuale Amore e Vita sono ben 32 anni che è sulla scena con lo stesso nome: un record di continuità che gli appartiene, come quello di gestire la squadra più longeva del mondo. Lui è un motivatore a livello psicologico, molto carismatico. Un talent scout che è riuscito non soltanto a scoprire e lanciare tanti campioni fra i quali i più famosi sono stati Mario Cipollini, Michele Bartoli, Rolf Sorensen e Andrea Tafi, ma ha avuto anche il merito di valorizzare le sponsorizzazioni ciclistiche nel marketing delle varie aziende. Sono tanti i ricordi legati a suo padre Lorenzo.
Eccone alcuni:
"Ogni domenica sera in corte Fanini dove mio padre abitava, riuniva chiunque volesse partecipare offrendo spaghetti e buccellato, il dolce tipico lucchese, perchè c'era da fasteggiare il successo di qualche atleta. Correndo in tutte le categorie le nostre squadre portavano nel fine settimana sempre qualche successo. La sua cadilac è un cimelio storico, conservato nel Palazzo Fanini di Segromigno assieme alla Golf cabriolet di Gino Bartali, primo direttore tecnico delle mie squadre. Mio padre Lorenzo lo ringrazierò per sempre per avere inciso sul mio corretto processo formativo, facendomi pagare gli errori dell'esuberanza giovanile e acquistare la fede cattolica con le testimonianze di Don Mario Barsantini e Don Franco Baroni. Da allievo vincevo ma però straviziavo con gli amici non facendo la vita del corridore. Ogni volta che tornavo tardi mi strappava il tesserino con molta irritazione. Lo fece per tre volte e smisi di correre. Anche dopo che i miei corridori hanno vinto una miriade di titoli mondiali su pista e titoli nazionali su strada, il mio pensiero è sempre andato a lui e lo ringrazio per quello che ha fatto per me e per i miei fratelli. Oltre alle gioie che gli hanno dato i suoi nipoti (in particolare Michela). Per immortalare il ricordo del centenario verrà realizzata una stele a mezzo busto da uno scultore fiorentino."
Attualmente il ciclismo Fanini si erge sull'attività di Amore e Vita e sulla Pro Cycling gestita da Manuel, figlio di Michele. Non ci sono più le tante squadre di un tempo ma Ivano vuole cercare di mantenere in vita il professionismo assieme a suo figlio Cristian perché il nome Fanini ed il ricordo di Lorenzo siano sempre vivi nella memoria degli appassionati di ciclismo, non solo lucchesi ma sparsi in tutto il mondo dopo una storia lunga 63 anni ed un marchio che in tutto questo tempo non ha subito nessun restyling ed è stato cucito sul petto di migliaia di ciclisti in diverse generazioni. Stamani al Santuario di Montenero verrà celebrata una messa in memoria di un pioniere che ha dato il via ad uno fra i più fulgidi movimenti ciclistici nazionali, a Montenero perché era lì che ogni anno faceva visita assieme ai suoi corridori.