Politica
Morte di Marco Chiari, il cordoglio del sindaco
Appena appreso della scomparsa di Marco Chiari, anche il sindaco Mario Pardini ha voluto manifestare il proprio cordoglio: "Esprimo profondo cordoglio per la scomparsa di Marco Chiari, un…

Statua dei triumviri, le perplessità del consigliere di opposizione Bianucci
“Lascia perplessi la scelta del Comune di Lucca, assieme alla Fondazione Cassa di Risparmio, di dedicare una statua fuori piazza Anfiteatro all’incontro dei triumviri romani Cesare, Pompeo e…

Trump è l’Ucraina
Quanti saranno stati coloro che hanno immolato la propria vita per seguire un ideale, per combattere la tirannia, il sopruso e l’ingiustizia?

La nostra eredità... sindrome da fascismo
Una decina di anni fa Marcello Veneziani, intellettuale di destra, tenutosi però sempre distante dal carro dei vincitori e mai piegatosi, coerentemente, alla convenienza del momento, ritrovò il testo di una "lettera aperta" dedicata alla figlia allora 13enne, "tacciata" dalla sua insegnante di Italiano, di essere..."figlia di un fascista"!

Regionali, Mercanti si schiera per il Giani - bis e avverte il centrosinistra: "Guai dare per scontata la vittoria"
"La destra è aggressiva, stavolta ha scelto il candidato per tempo e non farà sconti. Ha un obiettivo politico preciso: detoscanizzare la Toscana, snaturarne i valori e l'identità.

Il ministro della cultura Giuli in visita alla casa natale di Giacomo Puccini
Martedì 8 luglio, il ministro della Cultura Alessandro Giuli si è recato in visita al Puccini Museum –…

Roberto Vannacci a Lucca per un convegno sulla sicurezza
Si svolgerà domani giovedì 10 Luglio alle ore 18, presso il baluardo della “casa del Boia”, l’incontro pubblico dedicato al tema ”Nuovi orizzonti della sicurezza sociale: tra realtà…

Pluriclasse di Nave, Lucca Futura: “Fondamentale preservare le scuole dei territori periferici”
Lunedì 7 luglio si è concluso il Consiglio Comunale Straordinario convocato dall'opposizione per evitare la pluriclasse a Nave, con una mozione approvata all'unanimità di sostegno alla richiesta dei…

Consiglio comunale aperto di Lucca, scongiurata la formazione di una pluriclasse alla scuola elementare di Nave: “L’offerta educativa deve essere di qualità, ma il problema del calo demografico rimane”
Votazione unanime del consiglio comunale contro la formazione di pluriclassi: scongiurata per il prossimo anno scolastico la formazione di una pluriclasse composta da prima e seconda primaria alla…

Cresce il gradimento di Pardini, che sale al 34. posto in Italia – secondo in Toscana - fra i sindaci di città capoluogo di provincia
Balzo in avanti importante per Mario Pardini, sindaco di Lucca, nella classifica annuale stilata da “Il Sole 24 Ore” sul gradimento dei primi cittadini delle città italiane capoluogo…

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Le aziende che svolgono commercio e attività d’impresa nel mondo, spesso non arrestano i loro tentativi d’espandere il proprio giro d’affari di fronte a situazioni di rischio dovuti a guerre, conflitti locali, situazioni d’instabilità interna. Per far ciò hanno fatto ricorso all’invio di proprio personale addetto alle vendite, alle pubbliche relazioni, o con funzioni tecniche e di progettazione, non certo in possesso di sensibilità al particolare scenario o addestramento alle tecniche militari di scampo, evasione e fuga. Le grandi imprese in genere provvedevano a costituire una struttura in grado di prender contatti con le istituzioni locali, preferibilmente con l’aiuto del nostro ministero degli esteri, e anche con warlords o soggetti locali capaci anche a tutolo privato a garantire una cornice di sicurezza. Le aziende meno articolate, o con minori disponibilità, in qualche caso non hanno fatto assolutamente nulla, nel tradizionale affidarsi allo stellone italico, o hanno fatto ricorso all’arte dell’arrangiarsi, altrettanto diffusa.
Un improvviso mutamento l’ha generato la “sentenza Bonatti”. Nel 2016 il rapimento di 4 tecnici italiani in Libia si concludeva con la morte di due di essi. In questo caso il giudice ha riconosciuto la responsabilità dei vertici della società come datori di lavoro, per non aver “preparato” il proprio personale al tipo di scenario. Non si accusava la ditta di non aver addestrato i propri uomini che, non essendo dei “Rambos”, avevano dovuto soccombere, ma di non averli proprio “preparati”. Non esisteva documentazione afferente lo svolgimento di specifici corsi, prima di essere inviati in quello scenario a rischio, ciò è stato sufficiente per una scarica di condanne.
L’Italia, paesotto – qui tale va definito – ove spesso è importante solo “mettere a posto la pratica”, ha visto risolvere immediatamente la problematica. Il personale che andava all’estero era comunque motivato dall’aspetto salariale, di norma invitante. Bastava a questo punto, prima della partenza, farlo partecipare a qualche conferenza, fornirgli qualche documento a carattere informativo, proiettargli filmati e slides in numero adeguato, e – soprattutto – fargli firmare “per presa visione” una semplice dichiarazione, e sapeva tutto di “Travel Security”
Le grandi aziende, con più mezzi e diverso peso, hanno per fortuna continuato ad operare come fatto in precedenza, mettendo da parte le dichiarazioni firmate di chi stava per partire. Quelle piccoline, purtroppo, di massima … pure. Un corso di travel security costa, e ancor di più prendere i dovuti contattati in area di crisi, comportanti a volte la necessità di “ungere” qualcuno per fruire di sicurezza degna di tale nome.
Ho trattato il problema per ragioni professionali, e per quel che ho rilevato resta la tendenza a cercare di costruire un quadro burocratico a prova di responsabilità penale. Che poi si intenda veramente incrementare la cornice di sicurezza in cui opera il nostro inviato, è un altro paio di maniche. I grandi soggetti come – per esempio – l’ENI, spendono e costruiscono una “bolla di sicurezza” di spessore, i piccoli proseguono a farsi venire i crampi per incrociare scaramanticamente le dita.
Per questo ritengo utile per il nostro “inviato all’inferno”, prima di firmare quanto di dovere per sollevare le responsabilità dei propri vertici, formarsi una propria specifica coscienza alla “Travel Security”. Non c’è molto di scritto in giro, per questo ritengo interessante il lavoro dell’ing. Fabiano Manzan, “Italian Packaging Contractors” di recente dato alle stampe. Viaggiatore d’impresa per società che piazzano sul mercato internazionale macchinari per il confezionamento, anche nei posti più caldi, ha tentato di rendere fruibile, in italiano e in inglese, le sue esperienze. Strano e vivace resoconto in cui all’iconico “veni – vidi – vici” di giuliocesariana memoria si sostituisce un sornione “mi han mandato – ho visto – non so come sia tornato”. E gli errori sono quanto di meglio sia – se si ha tempo per riunirli, teorizzarli in sistema e raccontarli – per trovare “best practices” da proporre per limare il margine fra la buona sorte e il successo pianificato. Fino a capire che il miglior modo per uscire dai guai, sia prevenire di scivolarci dentro fino ai capelli, adottando adeguate contromisure.
Lungi dal voler pubblicizzare, mi pare corretto che, seguendo le problematiche di chi è impegnato nella vigilanza e nella sicurezza private, io dedichi attenzione a chi voglia migliorare la preparazione del singolo. Del resto nella pratica addestrativa del soldato e del poliziotto, allo sforzo dell’istituzione perché apprenda tecniche e tattiche, non va disgiunto l’impegno di ciascun allievo per arricchire la propria preparazione attraverso letture, allenamento, studio, coerenti con il messaggio formativo-addestrativo che gli viene somministrato.
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Oggi è data discussa, in base alla fede politica c’è chi la vede come la fine di tutto, chi come l’inizio, ma forse potremmo ricordarla anche per qualcosa di diverso, al di fuori dei luoghi comuni, e può indurre a riflessioni.
L’8 settembre 1943 l’Italia del re Savoia e di Badoglio, suo primo ministro buono per tutte le stagioni, vide entrare in vigore l’armistizio firmato di nascosto a Cassibile il 3. In quei 5 giorni comunque tanti soldati continuarono ad essere mandati contro gli alleati a farsi uccidere, uno per tutti il pilota, asso dei “tuffatori” e pluridecorato, Giuseppe Cenni. Normale, in effetti: la firma c’era, ma cessavamo le ostilità l’8.
Re, Badoglio e rispettivi entourage lasciarono Roma, dopo che il secondo aveva emanato direttive sibilline e poco chiare alle Forze Armate. Fu un disastro per un sacco di soldati, impacchettati nei vagoni piombati e internati in Germania. Da allora chi non ama per partito preso le stellette accomuna quel simbolo allo sfascio, dimenticando con quelle 24 ore secoli di sacrifici, vittoriosi o meno, ma comunque sostenuti con dignità.
Eppure non fu dappertutto così, infatti ricordiamo i combattimenti di Roma-Porta S. Paolo, finiti peraltro con l’internamento e la sconfitta.
Non fu così in Jugoslavia, specie per le unità che costituirono la “Garibaldi”. Già, ma quella era divisione partigiana, quindi benedetta dai marziani sbarcati per liberarci dal tedesco, mentre gli alleati ballavano il boogie-woogie a Napoli.
Non fu così in Corsica ed è da lì voglio partire. Il generale Giovanni Magli, comandante il VII Corpo d’Armata che riuniva le divisioni Cremona e Friuli e altre unità di minore livello, decise che in quel marasma di ordini a metà e fughe al completo rimaneva valida una serie di concetti.
Ogni comandante ha la responsabilità dei propri uomini, e non può dire “Tutti a casa!”, uscita infelice divenuta titolo di popolare film di Alberto Sordi. Da casa li ha avuti e a casa li riporta, lui.
Lui dava ordine alle divisioni, e non chiedeva di mettere ai voti le sue decisioni.
I comandanti le divisioni comandavano le stesse, e non dovevano mettere ai voti le decisioni prese e gli ordini ricevuti.
I comandanti di reggimento a quel punto seguivano analogo criterio.
E così fino in fondo, fino al sergente e al caporal maggiore, con la loro squadra.
E le “Legioni” Camicie Nere, inserite di rinforzo alle divisioni, avrebbero dovuto adeguarsi.
Applicando il più antico dei criteri alla base di un esercito: uno dà ordini e tutti si obbedisce, quei soldati rimasero a combattere i tedeschi di stanza in Corsica e quelli provenienti dalla Sardegna. Fecero la loro parte, uccisero e caddero, ma almeno a testa alta.
Non finirono dietro un reticolato da prigionieri o internati, e buona parte fecero parte in seguito dei Gruppi di Combattimento che parteciparono alla fase conclusiva della Guerra di Liberazione. Quella portata avanti dai militari, che, come tutti sanno, non è mai avvenuta, roba da no-vax e terrapiattisti.
Non è questa la pagina per metterla in retorica. Ho scritto queste poche righe per ricordare che quel sistema riassunto nei concetti “Chi comanda se la deve sbucciare da solo, non mette nulla ai voti ma al limite sente i pareri e poi decide, non scappa e dice cosa fare” ha funzionato. Tutti hanno fatto – bene o male, ma l’esecuzione non è un problema – ciò che gli è stato detto di fare.
Magari non hanno localmente conquistato la posizione o non l’hanno tenuta, ma nel complesso sono stati una struttura che si è mossa come un corpo solo per fare ciò che era stata addestrata e equipaggiata – bene o male – per fare.
Dovremmo pensarci quando ci autoflagelliamo come italiani, che forse il vero problema non fu solo la fuga di Badoglio e del Re – che ebbero le loro colpe gravissime – ma anche di istituzioni militari ove di capi con la schiena davvero diritta forse non vi era gran copia. E di un sistema-paese dove dopo 20 anni di retorica e chiacchiere, vi erano troppi capi – con e senza stellette – che del capo nulla avevano.
Forse fu questo il grave male lasciatoci in eredità da quel periodo.
Quel generale Giovanni Magli doveva essere un’eccezione, ma è stato sufficiente a innescare un processo virtuoso, che era nelle corde dei gregari, evidentemente. L’uomo fa ciò che gli si dice di fare. Se si sa cosa fare, se si dà l’esempio, se non si sta a mettere tutto ai voti.