«Presidente Giani, contrariamente magari alle attese, vorrei iniziare questo mio intervento con un complimento: ritengo che il suo programma di mandato sia ben scritto». Così il consigliere regionale della Lega Massimiliano Simoni è intervenuto oggi in Consiglio regionale, nel dibattito sul programma di mandato presentato dal presidente Eugenio Giani.
«Ho letto con grande attenzione le oltre duecento pagine del documento – ha spiegato Simoni – è un testo scorrevole e interessante, ma che mi pone una quantità enorme di domande. Il cosiddetto campo largo a cui si richiama il Presidente mostra già le prime crepe e i primi scontri interni».
Simoni ha espresso rammarico per la composizione della nuova Giunta:
«Ancora una volta – ha sottolineato – territori come la Provincia di Lucca, Massa Carrara e Prato vengono di fatto messi in un angolo. Mi dispiace anche per il lavoro portato avanti dall'assessore Baccelli, che conoscevo e che ritenevo espressione di una tecnica importante: nel rispetto delle reciproche diversità, si era guadagnato sul campo la possibilità di un secondo mandato».
Sul passaggio del programma dedicato alla "Toscana regione di pace", Simoni ha invitato alla coerenza:
«Nessuno di noi vuole una Toscana terra di guerra, ma è quantomeno curioso leggere oggi tante parole sulla pace quando, al tempo del governo Conte II, il PD votò a favore dei rifinanziamenti per gli interventi militari, compresi i famosi miliardi per la guerra in Ucraina. Non si può predicare pace a Firenze e poi, quando si è a Roma, sostenere l'opposto. Così si rischia di cadere nella pura demagogia».
Al centro dell'intervento anche i nodi economici e occupazionali:
«Le analisi dicono che nei prossimi cinque anni la Toscana avrà bisogno di circa 240 mila nuovi posti di lavoro. Dove sono? – ha incalzato Simoni – Si risponde che è stata fatta formazione, ma il vero problema è come è stata fatta. La precedente amministrazione ha fallito proprio sulla formazione, non riuscendo a dialogare davvero con il tessuto produttivo e a fornire le figure professionali di cui le imprese avevano bisogno. È da qui che deve partire il rilancio del lavoro e del futuro dei nostri giovani».
Simoni ha ricordato come la crescita del PIL regionale sia «risibile rispetto al dato nazionale», e ha richiamato la «gravissima crisi del distretto tessile e del settore moda», mentre «le famiglie non ce la fanno più: non consumano, non acquistano, sono strozzate dall'aumento del costo della vita, mentre gli stipendi non crescono in proporzione».
Durissimo anche il passaggio sulla sanità:
«È inutile negarlo – ha detto – la nostra sanità registra 200 milioni di euro di buco ogni anno, come ha segnalato la Corte dei Conti. La Regione è costretta a intervenire pesantemente a ogni esercizio per coprire questo disavanzo. E cosa si propone nel programma? A pagina 40 si parla di "diritto alla felicità", a pagina 102 di reddito di cittadinanza, quando sappiamo benissimo che le indicazioni europee non permettono di finanziare il Fondo sociale con sussidi passivi. Bisogna tornare a investire su formazione, ricerca, infrastrutture e digitalizzazione: sono questi i pilastri su cui la Giunta dovrebbe puntare davvero».
Ampio spazio anche alle criticità del trasporto pubblico locale:
«Sul fronte delle infrastrutture e del TPL siamo di fronte a un disastro – ha denunciato il consigliere leghista – Autolinee Toscane su gomma è una tragedia: continui fuori servizio, utenti abbandonati, pendolari allo stremo. Noi, tutto sommato, siamo privilegiati perché abbiamo l'auto o possiamo prendere un taxi, ma chi dipende ogni giorno dal servizio pubblico vive una situazione insostenibile».
Simoni ha ribadito di voler operare «non in obbedienza a diktat di partito avulsi dal territorio, ma rispondendo solo alla propria coscienza e all'interesse dei toscani».
Nella parte finale dell'intervento, Simoni ha toccato il capitolo cultura, riconoscendo al programma di Giani una certa attenzione:
«Ho apprezzato le sei pagine dedicate a cultura e spettacolo, il riferimento alla Toscana come regione dei borghi e dei piccoli comuni, la volontà di costruire sistemi turistici di area vasta per contrastare l'overtourism nelle solite città. Positivo anche l'impegno per il recupero di Casa Siviero, il "007 dell'arte", e per il Museo Pecci d'arte contemporanea».
Su questo terreno, però, Simoni ha rivolto un appello preciso:
«Quello che le chiedo, Presidente, è un approccio non ideologico alla storia e alla cultura. Il fascismo è morto con la guerra del '45, il comunismo è stato condannato dalla storia perché ha fallito: questo è un dato. Ma questo non significa condannare le persone che, in buona fede, hanno creduto in quelle idee.
Da ragazzo – ha ricordato – un nonno mi portava alla Festa dell'Unità e l'altro alla Festa Tricolore: in entrambi i casi vedevo volontari che servivano tordelli, che si spendevano per la comunità, padri che portavano i figli. Come potrei dire che sono "anti" qualcuno? Sarà per la mia formazione cattolica, ma io non mi sento contro niente: mi sento a favore. A favore di chi vuole bene alla Toscana, a favore di chi vuole bene alla nostra nazione, a favore di chi vuole fare, in questi cinque anni, un mandato che resti nella storia».
Simoni ha concluso annunciando che seguirà «con attenzione e spirito costruttivo» l'attuazione del programma di Giani:
«Sarò in aula per vigilare, criticare quando servirà, ma anche per collaborare ogni volta che sarà possibile costruire qualcosa di buono per la Toscana. Il mio impegno sarà sempre e solo dalla parte dei toscani».



