Anno XI 
Lunedì 14 Luglio 2025
- GIORNALE NON VACCINATO
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Scritto da Renata Frediani
Cronaca
14 Luglio 2025

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A un anno dall’inaugurazione della cosiddetta “Casina degli amori di Puccini”, sospesa sulle acque del Lago di Massaciuccoli, dopo un importante restauro curato con passione, competenza e sensibilità dai proprietari, Pasquale e Paola Sgrò, ho avuto il piacere di occuparmi della ricostruzione dell’arredo delle stanze di questo luogo magico, sospeso fra cielo, lago, natura e canto degli uccelli.

Un progetto nato in collaborazione con l’amico Mauro Pardini, studioso e profondo conoscitore di Puccini, mentre io, da sempre, sono studiosa di Napoleone. La ricerca, impegnativa e affascinante, ha permesso anche il recupero di alcuni arredi originali appartenuti a Puccini. Oltre agli arredi, frutto anche di una ricerca internazionale, resta uno studio sulla filosofia dell’arredamento delle sue residenze, confluito nel libro Un sogno in mezzo al Lago. La Casina degli amori di Puccini, firmato insieme a Mauro Pardini, con prefazione di Enrico Colle.

Questo progetto mi ha permesso di “incontrare” più da vicino il Maestro: uomo con un’anima raffinata, artista di successo, amante del lusso discreto, delle automobili, delle barche e della caccia. Timido, incline allo scherzo, ma attraversato da una sottile malinconia mai vinta, che non lo abbandonò per tutta la vita.
Cosa accomuna un imperatore e un compositore? Apparentemente, nulla. 
Eppure l’amore per l’arte, per la musica, per l’Oriente, per il mare e per il lago; la tendenza alla malinconia, la ricerca della bellezza e della solitudine li legano in modo profondo, pur se vissuti in epoche e contesti lontani. Entrambi cercavano luoghi ideali per lasciare un’impronta: nella storia o nella musica.
Puccini cercava la solitudine per comporre. Il Lago di Massaciuccoli, la villa a Viareggio il “Villino” – come amava chiamarlo – immerso nel silenzio della pineta, erano rifugi creativi, luoghi in intimità con la natura, dove il silenzio si trasformava in struggenti melodie.
Napoleone, fin da giovane, si rifugiava nella lettura di Plutarco e degli eroi antichi. «Sono sempre solo tra la gente», scriveva a quindici anni. «Torno a casa per sognare in solitudine e abbandonarmi al vivo della mia malinconia [...]» «Vissi separato dai miei compagni. Scelsi nel recinto della scuola un cantuccio, dove mi mettevo a sognare a mio piacere, perché ho sempre amato sognare [...]» Anche nel trionfo, l’ombra del sentimento della malinconia non lo lasciava mai. «Ho bisogno di solitudine e di isolamento: le grandezze mi annoiano, il sentimento è inaridito, la gloria mi è insipida» Lontano dagli altri, costruiva la sua visione del mondo e si preparava a diventare il personaggio storico che avrebbe cambiato il destino dell’Europa.
Puccini, d’altro canto, non era solo un compositore: amava la pittura, la fotografia e le arti decorative, tanto che le sue residenze – da lui stesso ideate e arredate – erano spazi dove quotidianità e arte si fondevano. 
Puccini, nella sua residenza sul lago, isolato per comporre, lottava con l’ansia della prima e il peso del giudizio. Napoleone, immerso in eserciti e manovre politiche, si sentiva estraneo ai fasti della corte e trovava sollievo solo nelle campagne militari. La loro grandezza li ha separati dal mondo comune.
Il mare e il lago sono stati elementi fondamentali nella vita di entrambi, sia per il loro personale destino sia per la loro ispirazione. Napoleone e le isole: la Corsica, sua terra natale, punto di partenza della sua ambizione; l’Elba, luogo dell’esilio temporaneo, dove progettò il suo ritorno; Sant’Elena, ultima isola, quella della riflessione e della leggenda.
Napoleone Bonaparte, il condottiero, e Giacomo Puccini, il compositore, erano figure affascinanti e carismatiche, capaci di attrarre chiunque con la loro genialità e presenza dotati entrambi di una moderna visione della realtà che li proiettava ben oltre il loro tempo.
Napoleone promosse il neoclassicismo, la scultura, l’architettura, la musica. Creò una corrente artistica che prese il nome di stile Impero. Ammirava la lirica italiana, così intensa e tragica, più delle rigide forme musicali francesi o tedesche. Tra i suoi preferiti, il compositore Giovanni Paisiello, che scrisse per lui il Te Deum per la solenne cerimonia dell’incoronazione, del 2 dicembre 1804, nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi. La musica, per Napoleone, era arte vera, non solo propaganda.
Puccini proiettava le proprie inquietudini nei suoi personaggi: fragili, tragici, straordinariamente umani. Napoleone, esule, trasformava la sconfitta in leggenda. Entrambi erano incompresi. Eppure proprio la malinconia diventava forza, trasformazione e bellezza.
La passione per l’Oriente fu un’altra sorprendente affinità. Napoleone volle portare in Egitto un vero “esercito di studiosi” e fondò al Cairo l’Institut d’Égypte per promuovere la conoscenza. Puccini si avvicinò all’Estremo Oriente con Madama Butterfly, ma è in Turandot che si rafforza la sua passione, grazie anche alla collaborazione con l’amico Galileo Chini, artista raffinato e profondo conoscitore delle culture orientali.
Turandot, rimasta incompiuta, è il mistero finale che Puccini non ci ha rivelato. Come il Memoriale lo è per Napoleone, che trasformò l’esilio in mito.
Oggi, a distanza di secoli, Napoleone e Puccini continuano a parlare. Nei libri, nei teatri, nei sogni. Perché il genio, quello autentico, non è solo talento. È visione, sofferenza, mistero. E coraggio.

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