Proviene dalle remote pieghe temporali del primo Risorgimento la stazione ferroviaria della Città Murata. L’Italia non esisteva ancora, Lucca era lucchese e non toscana e il pontefice appena eletto, Pio IX, cominciava a suscitare le speranze, ben presto deluse, di patrioti e liberali. Non la prima, ma una delle prime del Bel Paese, costruita contestualmente alla ferrovia Lucca - Pisa, la stazione fu inaugurata nell’autunno del 1846, alla vigilia del tramonto dello Stato lucchese. Promotore di tale importante realizzazione civile fu l’intraprendente avvocato di origine sarzanese, Pasquale Berghini, già esule per dodici anni in Francia, Inghilterra e Corsica per le sue convinzioni mazziniane e, una volta Lucca, accreditatosi come amico personale del duca, il bizzarro e reazionario bizzarro Carlo Ludovico di Borbone. Complessa la vicenda economico – finanziaria che sostenne l’impresa; accidentata la realizzazione dell’opera che superò sia le notevoli difficoltà orografiche rappresentate dai Monti Pisani e dal corso del Serchio, sia l’opposizione dei proprietari agricoli contrari all’esproprio dei loro campi. Palesi a tutti le intenzioni politiche di un’opera che avrebbe dovuto riproporre all’opinione pubblica toscana, nazionale ed europea l’immagine di un sovrano liberale e riformatore, da sostituire a quella bigotta e reazionaria, più nota e ormai inadeguata ai tempi che cambiavano. Il 22 giugno 1846, per un ultimo definitivo collaudo, due convogli ferroviari trasportarono oltre 400 persone da Lucca a Ripafratta. Così si espresse, qualche giorno più tardi, Giacomo Bertini giornalista del “Giornale Privilegiato di Lucca Politico – Letterario”: “In tal modo è cominciato ad avverarsi quanto or sono tre anni, si diceva e si credeva impossibile… in breve le due antiche rivali città, che già d’ora si stendono le braccia, stringeranno fra loro quell’avventurato anello destinate a congiungerle alla dolce catena, che unirà fraternamente insieme le città tutte d’Italia”. Il breve percorso iniziale, poco più di sei chilometri, si allungò fino a Bagni di San Giuliano il 25 settembre. Finalmente, il 15 novembre dello stesso anno 1846 con un’austera cerimonia venne inaugurata l’intera linea Lucca – Pisa Comprensibile il giubilo con cui i lucchesi accolsero questa vigorosa prova di capacità organizzative ed imprenditoriali: un clima di entusiasmo ben espresso da un libello celebrativo dato alle stampe, motu proprio, dal tipografo ed editore lucchese Giuseppe Giusti: “Volendo io festeggiare nel miglior modo che io possa il benefizio della strada ferrata… mi sono proposto di dar fuori co’ miei torchi alcune composizioni di nobili ingegni, a bella posta scritte per questa occasione…” Si tratta di un’antologia di testi poetici non particolarmente memorabili, stesi per la circostanza da intellettuali delle cui opere poetiche si è persa in gran parte la memoria. Non era un poeta - e si sente - il marchese Antonio Mazzarosa, patrizio illuminato e storiografo della città quando con brutti versi epigrafici plaude all’evento: IN QUELLA VIRTU’ MOTRICE / STUPORE DEI NOSTRI TEMPI / ONDE OSTACOLI E INDUGI AL MESCOLARSI DELLE NAZIONI / SONO VINTI / IL VOLGO NON ISCORGE / CHE UTILE E COMODITA’ / MA IL SAPIENTE / VI ANTIVEDE IL MODO PER COMUNANZA DI AFFETTI / AD IMMEGLIARE IL MONDO.
Sulla stessa lunghezza d’onda dell’enfasi oratoria del Mazzarosa si mantengono, poi, i versi degli altri autori antologizzati che mescolano tradizione arcadica, echi manzoniani e anticipazioni di un incipiente positivismo: l’avvocato lucchese, professore di diritto e filantropo, Luigi Fornaciari; Giuseppe La Farina, uomo politico e futuro segretario della Società Nazionale; il letterato ligure Francesco Ramognini; l’emiliano Antonio Peretti, poeta di corte a Modena ma già in odore di liberalismo; il patriota savonese Emanuele Celesia. Non doveva trascorrere neppure un anno dall’edizione di quei versi rotondi e sonori che il treno e la strada ferrata da Lucca a Pisa avrebbero svolto la funzione emancipatrice e civilizzatrice auspicata dai loro generosi Autori. Durante tutta la primavera e l’estate del 1847, infatti, anche a Lucca, come nel resto d’Italia, il movimento riformatore aveva ottenuto importanti successi: la libertà di stampa era finalmente divenuta realtà ed il 1 settembre era stata istituita la Guardia civica e affidato al Consiglio di Stato l’adozione delle riforme politiche ed amministrative ritenute necessarie ed adeguate ai veloci cambiamenti in corso d’opera in tutta la penisola. Nei giorni di settembre sono centinaia i Pisani che raggiungono Lucca per portare sostegno politico e morale, solidarietà, entusiasmo ai fratelli toscani: “A Lucca giunsero anche centinaia di livornesi e per tutto il giorno e gran parte della notte fu un tripudiare continuo per le piazze e per le vie ed a sera la città venne rallegrata da una splendida luminaria. A notte inoltrata, un drappello di donne, che camminavano a tre a tre portando in mano delle torce accese, accompagnarono gli ospiti alla stazione ferroviaria. – Addio, fratelli! – era il grido dalle mura che formicolavano di gente e risplendevano di lumi mentre le stesse parole si ripetevano lungo la strada ferrata e dal treno: Addio!” (Noferi, Per l’apertura della strada ferrata da Lucca a Pisa, Pisa 1992).
Lontani treni locali
Scritto da luciano luciani
StoricaMente
01 Luglio 2025
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