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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato a firma PalP Lucca sulla protesta attuata anche dalla sede lucchese di Confindustria che ha messo le bandiere a mezz'asta per protestare contro i mancati profitti provocati dalla pandemia in corso in totale spregio della vita e della salute dei lavoratori che, secondo loro, dovrebbero morire sul posto di lavoro piuttosto di fermare la produzione:
Confindustria mette le bandiere delle sue sedi a mezz'asta inscenando il lutto per la chiusura aziendale contro il contagio. Un atto indecente e sprezzante verso le decine di migliaia di lutti che attanagliano il nostro paese.
Confindustria si rammarica infatti per il mancato profitto, per i soldi non guadagnati, non per le persone venute a mancare, e questo è uno spregio alla sofferenza di tante famiglie di una gravità assoluta, che smaschera e mette chiaramente in primo piano le priorità della categoria, senza curarsi delle conseguenze.
Noi, come lavoratori e lavoratrici, sappiamo bene come non vengano rispettate le norme di sicurezza nei luoghi di lavoro già durante periodi di normale amministrazione, e in questo momento può essere solo peggio, come purtroppo già dimostrato in più parti d'Italia, dove addirittura si licenzia (sempre in Toscana, nel Mugello) chi denuncia la mancanza di dpi.
Data la condizione di disagio sociale nel quale sta piombando sempre di più questo paese, non ci possiamo farci ricattare da Confindustria. Non è accettabile che si costringano migliaia di lavoratori a tornare a lavoro ora che a crollare sono gli interessi di pochi, quegli stessi che non si sono mai fatti scrupoli a licenziare, a delocalizzare, a stracciare i diritti conquistati in decenni di lotte.
Considerando anche il ritardo catastrofico nell'esecuzione di tamponi in una fase ancora critica per l'emergenza sanitaria e l'assenza di protocolli specifici per la sicurezza per ogni singola azienda.
Ai lavoratori non rimane che scegliere: o la borsa o la vita, messi di fronte alla minaccia di chiusura delle aziende e quindi dell'unica fonte di sostentamento di milioni di famiglie.
In questo senso lo Stato deve garantire delle misure sociali che aiutino chi non lavora, chi non arrivava a fine mese già prima dell'emergenza e a maggior ragione è in difficoltà adesso, chi non ha una casa, purtroppo tutti problemi che la nostra società aveva anche prima e di cui in pochi si curavano, oggi è il momento costruire qualcosa di nuovo, consapevoli degli errori fatti e che se vogliamo una via di uscita ce l'abbiamo.
Si lavori in questa direzione invece che speculare sulla pelle delle persone.
Vostri i profitti, nostri i morti.
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Ancora un lucido intervento, che è anche una testimonianza diretta, di come, dei soldi con cui la nostra classe digerente si sciacqua la bocca, alle imprese arrivano solo quelli necessari per... pagare le tasse:
Pregiatissimo giornale,
sono di nuovo Pietro Casali, presidente dell'A.S.D. Circolo Nuoto Lucca, società che gestisce due piscine a Lucca. Sono per la terza volta a chiedere spazio al vostro giornale. L'argomento è sempre lo stesso, ovvero l'emergenza economica legata all'epidemia COVID-19 con le conseguenti false promesse del mediocre governo Conte.
Come antipasto, vorrei portare l'attenzione del lettore circa i soliloqui sui social dell'illustre ministro dello sport dott. Spadafora, che promette a ripetizione di "ascoltare tutte le proposte". FALSO!!! Tanto per fare un esempio lampante, so per certo che in molti - anche istituzionali - avevano chiesto al governo di modificare l'articolo 95 del decreto Cura Italia, laddove parlava di sospensione del pagamento degli affitti nei rapporti tra le società che gestiscono gli impianti sportivi con gli enti territoriali. Ovviamente si chiedeva di cambiare la parola sospensione con soppressione, come ritenuto, praticamente all'unanimità, giusto e doveroso. Bene, il decreto Cura Italia è stato trasformato in Legge, tramite la richiesta della fiducia, quindi sopprimendo l'iter parlamentare e cassando in radice tutti gli emendamenti presentati dai deputati e dai senatori. Alla faccia di: "ascolto tutte le proposte!".
Illuso solo chi crede ad una sola parola di un personaggio come il Ministro Spadafora. Il secondo punto sul quale vorrei porre l'attenzione è il decreto
liquidità. Praticamente, a fronte della promessa di una pioggia di soldi per le aziende, lo stato si fa SOLO garante di firma a fronte di prestiti che le aziende possono ottenere dalle banche. E da restituire non in 15 anni, con un onere quindi più facilmente ammortizzabile, bensì in 6 anni.
Non sono un economista, ma quando un'azienda ha il bilancio in forte perdita, con flussi di cassa in entrata azzerati e flussi in uscita che sono in buona parte rimasti, non mi pare la soluzione giusta proporle ulteriore indebitamento. Le strade dovrebbero essere tre:
1) Dare un contributo in conto esercizio.
2) Contributo in conto impianti, ovvero un contributo sulle spese per la futura ripartenza
3) Contributo in conto fiscale, ovvero sgravare queste aziende dal pagamento di alcune tasse. Se il lettore non è distratto, la volta scorsa avevo proposto di defiscalizzare le spese relative alle utenze (gas, elettricità, ect.) per le aziende indebitate. Dubito che verrò ascoltato.
A questo punto sorge una domanda. Cui prodest (A chi giova) il comportamento del governo Conte?
Basta utilizzare il logos e ci rendiamo conto che giova soprattutto a se stesso!! In estate vi sono grosse scadenze fiscali che le aziende, fortemente indebitate, non sarebbero state in grado di onorare. Per lo stato sarebbe stata una grossa grana, perché in autunno, senza entrate fiscali, sarebbe divenuto problematico pagare stipendi e pensioni. Ecco che, con i soldi presi in prestito dalle banche, le aziende sono in grado di pagare le tasse, risolvendo così un bel problema allo stato. Della serie: fingo di risolvere un problema a te, ma in realtà ne risolvo uno per me.
Un comportamento, quello del Governo Conte e dei suoi tirapiedi, da far rabbrividire quello di Mir Jaffar, che nella battaglia di Plassey (1757, nel Bengala) tradì deliberatamente il proprio nababbo, passando con il proprio contingente al nemico, ovvero all'esercito britannico comandato dal colonnello Robert Clive.